Il più rosso della Roja: la battaglia di Carlos Caszely (parte 2)
Ciao a tutti, e rieccoci qui a continuare la storia di Caszely, alla quale ho preferito dedicare due post (clicca qui per la prima parte della storia) invece di farne solo uno e sacrificare qualche passaggio delle sue vicende.
Eravamo rimasti al giorno più buio per Caszely e per il calcio cileno, il 21 Novembre 1973, quello della partita di ritorno contro l'Unione Sovietica che, però, non si presentò per protesta, e di quel gol che Pinochet volle comunque far realizzare alla sua squadra già qualificata d'ufficio alla coppa del mondo, l'appuntamento sportivo più atteso da tantissimi tifosi sparsi in tutto il mondo, che si terrà fra 13 giugno e il 7 luglio 1974 in Germania Ovest o, a essere precisi, la Repubblica Federale Tedesca.
In Cile lo scenario era sempre lo stesso per i vecchi sostenitori di Unidad Popolar: il regime di Pinochet era un regime di terrore, dal quale erano ferocemente e continuamente bersagliati, anche i non violenti. "Tutti i giorni rilasciavano 20,50 persone" racconterà Gregorio Mena Barrales, governatore di Puente Alto, località vicina alla capitale "li costringevano a firmare un documento in cui dichiaravano di non aver ricevuto maltrattamenti nello stadio, benché i segni delle torture subite fossero ancora vivi su di loro. Tutti speravamo di sentire il nostro nome una buona volta nelle 'Liste della Libertà', era logico e legittimo. Non eravamo colpevoli d'altra cosa che di essere difensori della legittimità costituzionale. In circa millecinquecento non fummo mai chiamati. Col passare dei giorni gli spalti si andarono spopolando: molti rilasciati, altri assassinati di notte e un paio di suicidi...”
Caszely tutto questo lo sapeva, ma non lo vedeva. Lo apprendeva dai giornali, quelli che potevano denunciare le nefandezze della junta. Quindi giornali stranieri, non cileni, messi al bavaglio dalla censura. Perché nel frattempo Carlos ha lasciato il Cile e la maglia bianca del suo club, il Colo Colo, accettando la proposta del Levante, in Segunda Division spagnola. "Ma non mi sono mai sentito un esiliato" dichiarerà poi lo stesso calciatore.
Ma il tempo scorre veloce, e l'appuntamento iridato incombe: Pinochet vuole incontrare i 22 calciatori che rappresenteranno il Cile ai mondiali, salutarli, stringere loro la mano, a uno a uno.
E' qui che la battaglia di Caszely riprende, aspra più che mai: quando Pinochet arriva da lui, Carlos mise le sue mani dietro alla schiena e le serrò, una dentro l'altra, non degnando d'uno sguardo il dittatore. I suoi occhi, fissi nel vuoto, vedevano le vittime del regime, vedevano Chamaco Valdes che vomitava nello spogliatoio, vedevano la sua vergogna e quella di tutto il Cile, le ferite che quell'uomo che voleva stringergli la mano continuava a infliggere ai suoi connazionali e al suo sfortunato Paese. Un gesto forte, quello di Caszely, che non lasciava spazio alla paura di ciò che poteva fargli il dittatore: non avrebbe mai più permesso alla paura di prevalere nella sua lotta contro il generale.
E così, il Cile partì per la Germania: la partita inaugurale, alle 16:00 del 14 giugno, era di scena a Berlino Ovest, contro i fortissimi padroni di casa, i futuri campioni della Germania Ovest.
In questa foto è ritratto il mondiale di Caszely: dopo 67 minuti di gioco, ha uno scontro poco amichevole con il difensore teutonico Berti Vogts. L'arbitro, il turco Babacan, non ha dubbi: cartellino rosso. Il primo di sempre nella storia dei mondiali, in quanto fino a quattro anni prima le sanzioni disciplinari erano comunicate solo verbalmente.
Il Cile, senza di lui, può fare poco e, dopo aver perso 1-0 contro la Germania Ovest (gol di Breitner, per il gioco delle coincidenze che tante volte si rincorrono in questa storia, anche lui è un maoista convinto), la Roja perde anche contro la Germania Est, e non basta lo 0-0 contro l'Australia per impedire una mesta eliminazione al primo turno.
A Santiago, la stampa di regime si sbizzarrisce: "Caszley espulso per violazione dei dirittti umani"; "Si è fatto espellere per non giocare contro i comunisti della DDR". In ogni caso, è il capro espiatorio dell'eliminazione. Questo, e il fatto di essere notoriamente non gradito al regime, fecero sì che Caszely fosse allontanato dalla nazionale.
Lui, intanto, continuava a deliziare con i suoi gol da Rey del metro cuadrado i tifosi dell'Espanyol di Barcellona, suo nuovo club, e a manifestare pubblicamente il suo essere rosso. Proprio il suo essere rosso nel cuore (come ribadirà ancora altre volte a Pinochet, negli altri incontri ufficiali fra i due) gli impedirà, nonostante il suo immenso talento con il pallone, di indossare la maglia blanca, ma franchista (sì, il vecchio dittatore spagnolo detiene ancora il potere) del Real Madrid.
Ma il Cile, senza di lui, è davvero pochissima cosa, tanto da mancare l'appuntamento iridato del 1978, organizzato in Argentina, dove un'altra sanguinaria giunta militare, quella di Jorge Videla, detiene il potere e insozza di sangue il paese delle pampas.
Viene richiamato in patria, dove sono pronte per lui le sue maglie: quella bianca del Colo Colo, e quella Roja della Selecciòn,. Lui torna, per amore del suo popolo e del suo paese, e per continuare, a suon di gesti plateali e disobbedienze pubbliche, la sua battaglia contro Pinochet.
Con lui in campo è un'altra storia: il Cile arriva fino in finale della Copa America, manifestazione della quale viene nominato il miglior giocatore, e qualifica i suoi, dopo otto anni, ai mondiali del 1982, in Spagna. Ma qui, la storia si ripete: Cile eliminato al primo turno, e Carlos decisivo in negativo con l'errore dal dischetto contro l'Austria.
Di nuovo capro espiatorio. Di nuovo in Cile mormorano "Lo ha fatto apposta". Di nuovo gli viene preclusa la possibilità di giocare per la Nazionale. Questa volta per sempre, perché pochi anni dopo il mondiale, Caszely appende le scarpe al chiodo. Ma non sotterra l'ascia da guerra contro la junta. Anzi, sta per prendersi finalmente la sua rivincita.
Il 1988 è un anno particolare nel Paese andino: si respira un'aria diversa, un'aria di cambiamento, al quale tutti sono chiamati a partecipare. Il 5 Ottobre, in accordo alla carta costituzionale del 1980, venne indetto un referendum per determinare se il popolo cileno volesse conferire ad Augusto Pinochet un ulteriore mandato presidenziale.
Era la grande occasione che tutti aspettavano da 15 anni: si scatenò una battaglia a furia di spot durante la campagna elettorale. Celebre, anche grazie al film del 2009 di Pablo Larrain "NO - I giorni dell'arcobaleno", la campagna pubblicitaria "Chile - la alegrìa ya viene" basata su scene di vita quotidiana di allegria e divertimento, in cui si voleva comunicare in poco tempo (solo 15 minuti notturni erano concessi alla campagna pubblicitaria per il NO) la felicità che l'oppresso popolo cileno avrebbe riottenuto, dopo anni di dittatura, solo liberandosi di Pinochet.
Ma tutto ciò non bastava. C'era bisogno di qualcosa in più. C'era bisogno dell'eroe dei tifosi cileni. Il Cile, come la nazionale di calcio cilena, poteva sperare di vincere solo se a lottare insieme ad esso c'era il suo beniamino, Carlos Caszely. E lui non si tirò indietro: era dal Novembre di 15 anni prima che non si tirava indietro.
Un nuovo spot, sempre appartenente alla campagna pubblicitaria per il NO. Il video inzia con un primo piano di una donna sulla sessantina. Il suo nome è Olga Garrido, ed è stata una dei tanti, tantissimi cileni innocenti che hanno subito vessazioni, torture, abusi da parte dei militari, che non è mai riuscita a rivelare alla sua famiglia. Adesso lo fa però: "Sono stata sequestrata e picchiata brutalmente. Le torture fisiche sono riuscita a cancellarle, quelle morali non
posso dimenticarle. Per questo io voterò No".
Poi sullo sfondo appare un gagliardetto del Colo Colo, e dopo eccolo finalmente in campo, riconoscibilissimo come sempre dai suoi ricci e i suoi baffoni. E ha la stessa determinazione di quando riceveva palla, da calciatore, nell'area di rigore, nel suo regno, dove non c'era scampo per nessuno, tanto meno per il suo avversario di sempre. "Anche io voterò
no. Perché la sua allegria è la mia allegria. Perché i miei sentimenti sono i suoi sentimenti. Perché il giorno di domani potremo vivere in una democrazia libera, sana, solidale, che tutti possiamo condividere. Perché questa donna meravigliosa è mia madre".
Il 5 Ottobre il NO ottenne la vittoria, col 55.99% delle preferenze. Pinochet e il suo regime erano caduti. Caszely ha finalmente vinto la sua battaglia contro la dittatura. E allora capirete perché ai tifosi cileni del rigore sbagliato a Oviedo contro l'Austria non gliene freghi poi più di tanto: per loro Caszely non è il terzo miglior marcatore della storia della Selecciòn; non è el rey del metro cuadrado; è l'eroe. E, lo confesso, sotto sotto lo è anche per me. Perché, prima di essere tifosi, appassionati di calcio, comunisti o capitalisti, siamo uomini. E Carlos non lo ha mai dimenticato.
SITOGRAFIA DI IMMAGINI E VIDEO:
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCmdspJHOmC6d8WN6EEre-F_x9U4k3UUG5xbDBiaM_xHGfDHTZ0arlc9LcixtaZ1yIAka_xzUxDe6sMsCi9oDnY64u1jWtM32Z28SzZKjnA9Tsh7hOXN4atiROrXmz6j6d_Ryqw3KFdT2G/s1600/chile+73.jpghttps://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh58HPlfYK21eLAlVNZxx8QlwWRy0a6OTFBjZvFI5tvfnSd0n1md5hTYjQiaYPTKgcFbV5B75u_l8OXPm6WZ8juMwvSVsQUaYnSRg-C4rgWHJbbasdpbC8qs8_dZlyO6ENNwC6NpLfhIHZB/s1600/carlos-caszely.jpg
http://blog.futbologia.org/wp-content/uploads/2013/09/caszely-cartellinorosso.jpg
http://blog.futbologia.org/wp-content/uploads/2013/09/Caszely-doporigore.jpg
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/85/NO%2BPinochet.jpg
https://www.youtube.com/watch?v=e3ywCk9rWds
Commenti
Posta un commento