C'è del marcio in Danimarca? La delusione azzurra a Euro 2004
L'Europeo 2004, disputatosi in Portogallo dal 12 giugno al 4 luglio, per tanti aspetti è stato un appuntamento calcistico entusiasmante, e per molti altri memorabile. Innanzitutto per il verdetto finale che ci ha lasciato: il vincitore infatti non è stato uno dei classici squadroni storici come la Francia o la Germania, e nemmeno il temibile Portogallo padrone di casa, ma a trionfare è stata la cenerentola del gruppo, la Grecia, che senza campionissimi di livello assoluto, ma con un'organizzazione di gioco quasi perfetta datale dal c.t. tedesco Otto Rehhagel e una forte unità di gruppo è riuscita, con dei carneadi come Zagorakis (alla fine votato migliore calciatore della rassegna continentale) e Charisteas (suo il gol decisivo in finale) e pochi calciatori conosciuti a livello internazionale (ad esempio il fantasista dell'Inter Karagounis) a mettere in riga grandi potenze calcistiche come Spagna, Francia, Repubblica Ceca e Portogallo (per una curiosa coincidenza i greci hanno sconfitto i lusitani due volte, sia alla partita inaugurale del campionato europeo sia in finale) e a batterle, non dimostrandosi mai inferiore a queste squadre sul piano del gioco.
Ma non c'è stata solo la Grecia, per quanto il successo ellenico sia di certo il fatto più eclatante dell'anno calcistico (anno calcistico ricco di vittorie imprevedibili tra l'altro: a maggio infatti la Champions League sfuggì ai grandi club spagnoli, italiani, inglesi e tedeschi, ma andò al Porto di uno sconosciuto Josè Mourinho): Euro 2004 fu infatti un palcoscenico luminoso che fece spiccare il volo a tante giovani stelle, fino ad allora sconosciute o quasi, ma che avrebbero poi illuminato il firmamento calcistico per numerosi anni a venire: Zlatan Ibrahimovic (22 anni), Cristiano Ronaldo (19) e Wayne Rooney (18), il migliore dei tre con 4 reti realizzate contro le 2 a testa dello svedese e del portoghese. Fu anche l'Europeo delle outsider, infatti oltre alla già citata Grecia, anche l'esordiente Lettonia (prima partecipazione baltica a una manifestazione calcistica di primo piano) fece la sua bella figura: inserita nel girone di ferro con Repubblica Ceca, Olanda e Germania, i baltici vennero eliminati al primo turno, ma a testa altissima, mettendo in difficoltà i cechi (che vinceranno 2-1 dopo aver rimontato il gol iniziale di Verpakovskis) e addirittura bloccando sullo 0-0 i tedeschi, che verranno eliminati al primo turno insieme alla cenerentola della manifestazione. Proprio quella cocente eliminazione (arrivata inaspettatamente due anni dopo il secondo posto ai mondiali nippocoreani del 2002) fu il campanello d'allarme che fece scattare il tanto necessario ricambio generazionale che ha portato la Germania, dopo un cammino lungo 10 anni, a vincere la Coppa del Mondo la scorsa estate.
Ma per noi italiani, Euro 2004 verrà ricordato sempre come una cocente delusione sportiva (allora la più grande di sempre, d'altronde Sudafrica 2010 e Brasile 2014 erano ancora di là da venire) con un retrogusto amaro di biscotto danese che nulla ha a che vedere coi biscotti al burro. Ecco, l'europeo dell'Italia si può paragonare proprio alla scatola di latta blu di quei biscotti: vi è mai capitato da bambini (a me mille volte) di andare da nonna, rovistare fra i mobili alla ricerca di qualche dolcetto, trovare la scatola di cui sopra e, aprendola, trovarci solo l'ago e il cotone che la nonna usa per cucire? Vi ricordate come ci restavate male? Ecco, Euro 2004 per noi italiani è stato proprio così.
Ma andiamo con ordine: l'Italia arriva a quel campionato europeo con un calcio effettivamente in salute: l'anno prima all'Old Trafford per la finale di Champions League in campo si parlava solo la lingua di Dante: di fronte c'erano Milan e Juventus, con i rossoneri a prevalere ai calci di rigore; inoltre la nostra nazionale, allenata ancora da Giovanni Trapattoni, veniva da un girone di qualificazione dominato con 17 punti, frutto di 5 vittorie, 2 pareggi e una sola sconfitta a Cardiff contro il Galles, e desiderosa di vendicare la delusione mondiale di due anni prima, quando un arbitraggio quantomeno discutibile di Byron Moreno ci estromise dalla competizione a vantaggio dei padroni di casa coreani. Il sorteggio ci mise di fronte la coppia nordica Svezia Danimarca e la resistibile Bulgaria. Un gruppo abbordabile, per poter poi continuare l'assalto al titolo europeo che manca dal lontano 1968.
Ma poi tutto ciò che poteva andare storto successe, e il cammino europeo prese una brutta piega per gli azzurri: nel caldo pomeriggio di Guimaraes, gli azzurri (in maglia bianca per l'occasione) vanno in bianco anche dal punto di vista delle reti: mai un'azione veramente pericolosa, con dei limiti di gioco davvero preoccupanti, i nostri non impensieriscono mai i rossi nordici, che neppure affondano. Da uno 0-0 incolore ecco che, il giorno dopo, dalla prova TV spicca un rosso accesissimo: il destinatario è Francesco Totti, reo di aver sputato a un avversario.
Va un po' meglio con gli svedesi, che hanno scherzato coi bulgari al primo turno (rotondo 5-0): dopo un primo tempo giocato in maniera magistrale, creando numerosissime azioni da gol, finalmente Cassano riesce a deviare in rete di testa un cross di Panucci. Nella ripresa l'Italia paga lo scotto fisico di quella grandissima prima frazione, ma tiene botta. Sembra finalmente fatta quando all'85 minuto scende in campo la magia: è Ibracadabra, come lo chiameranno poi i tifosi italiani durante i suoi lunghi trascorsi in Serie A, a inventare dal nulla un colpo di tacco volante che inganna Buffon e beffa la nazionale azzurra: è 1-1.
La sera del 22 giugno è decisiva, e sa di spada di Damocle perennemente pendente sulla testa dei calciatori azzurri: sanno che devono vincere contro la Bulgaria (non un'impresa impossibile: dopo gli svedesi anche i danesi ci sono riusciti) ma sanno anche che potrebbe non bastare. E' questo che letteralmente logora dentro gli azzurri, il non essere padroni del proprio destino, ma dipendere da altri. Svedesi o danesi non importa, basta che almeno uno di loro vinca, vada a 7 punti e tanti saluti allo sconfitto. C'è uno spettro che aleggia però sugli azzurri, e che fa tenere agli spettatori gli occhi a Guimaraes, dove si disputa Italia-Bulgaria, e le orecchie a Oporto, dove è di scena il derby scandinavo: il pareggio. Con quel risultato (stante la vittoria azzurra) si avrebbero tre squadre a quota 5, e a deciderla sarebbe la differenza reti che, con un 2-2, ci avrebbe matematicamente condannato a fare le valige per il ritorno in Italia.
Quel 22 giugno ce la mettiamo tutta, come abbiamo fatto per tutto l'europeo, per renderci le cose più complicate: la Bulgaria è più tosta del previsto, lotta per tenere almeno alto l'onore e non chiudere il proprio campionato con 0 punti, mentre l'Italia è contratta, impaurita, poco arrembante. Nel frattempo al 28' minuto della partita di Oporto Tomasson si ricorda di far parte del Milan campione d'Italia in carica e porta in vantaggio i suoi: Danimarca 7; Svezia 4; Italia 3 e momentaneamente fuori. "Sì ma adesso la battiamo la Bulgaria e passiamo noi!". Peccato che al 44' Materazzi trattenga ingenuamente il bomber bulgaro Berbatov in area di rigore: dal dischetto Martin Petrov non può sbagliare, si va negli spogliatoi sullo 0-1.
"NO CAZZO NO! Non possiamo buttarla via così! Contro la Bulgaria che le ha prese da tutti!" Me lo ricordo papà mio davanti alla TV ad esternare quello che, in moltissime altre case da Trieste in giù, esclamavano tanti altri. Mi piace pensare che se lo siano detti occhi negli occhi anche Trapattoni e i suoi ragazzi. E pare proprio di sì, a vedere dall'ingresso in campo: il solito Cassano riceve palla in area, si gira e calcia a botta sicura: traversa, ma sul pallone vagante c'è Perrotta: ne avrà segnati un migliaio di gol così, nella stessa identica situazione, e ne segnerà ancora nella sua lunga carriera, per cui sa bene cosa si deve fare lì. E puntualmente lo fa, 1-1.
Non c'è quasi il tempo di esultare, che arriva una notizia che ci fa un po' smorzare l'urlo di gioia: Larsson su calcio di rigore ha riportato la Svezia sull'1-1. Notizia bruttina, vi dicevo, ma alla fine l'1-1 non ci cambia la vita: innanzitutto bisogna battere la Bulgaria. E poi l'1-1 con vittoria sui bulgari premierebbe comunque noi.
L'Italia è un'altra squadra, pressa e attacca come sa, la Bulgaria è alle corde, ma il colpo del K.O. tarda ad arrivare. A Oporto invece la partita è molto più viva, e al minuto 66 è di nuovo 2-1 per la Danimarca, ancora con Tomasson, al quale al ritorno in Italia per il campionato 2004-2005 spettano tutti gli onori possibili: è lui l'uomo del destino, più che i nostri azzurri, che continuano a mancare il bersaglio contro la Bulgaria.
Poi accade tutto in un momento, l'ultimo: al 93' un pallone danza in area, e si muove verso il solito Cassano, che impatta il pallone con il destro e lo manda lì dove Zdravkov non può arrivarci: 2-1! Finalmente ce l'abbiamo fatta!
Antonio Cassano, coi suoi 21 anni, è il più giovane fra i 23 azzurri scelti dal Trap: e questa sua gioventù è palese in quei pazzi istanti che seguirono la sua perla: prima allarga le braccia, urla, ride, è felice, è il re del mondo, è colui il quale ha portato avanti la sua squadra ai quarti di finale.
Poi si accorge che i tifosi azzurri sugli spalti ammutoliscono di colpo, e non si spiega il perché. Qualcuno in panchina però gli dice la verità: contemporaneamente a Cassano anche tale Mattias Jonson, attaccante fino ad allora sconosciuto al grande calcio, segna un gol. Lo segna ovviamente ad Oporto: è 2-2.
Cassano adesso è accasciato a terra, preda di un irrefrenabile pianto disperato: non è servito a nulla il suo gol, la vittoria della sua squadra. Tutto inutile, l'Italia è fuori dal campionato europeo.
Il ritorno a casa è mesto, triste e pieno di rammarico per tutto ciò che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, soprattutto nelle prime due partite, affinché il nostro destino non dipendesse da Tomasson e da Jonson, affinché il passaggio del turno dipendesse solo dal risultato di Italia-Bulgaria. Così non è stato, è stato invece dato potere a Svezia e Danimarca (paesi vicini, con cultura simile e simpatia reciproca) di decidere chi avrebbe superato il turno: quello che avrebbe dovuto essere uno scontro fratricida è diventata una favola a lieto fine per i protagonisti in campo, con quel 2-2 che, per quanto possa esser stato casuale, sa comunque di beffa e di già scritto prima ancora di scendere in campo.
Ma, anche se fosse, questo non cambia nulla: Danimarca e Svezia approdano ai quarti (verranno eliminate entrambe, rispettivamente da Repubblica Ceca e Olanda) mentre l'Italia va a casa, coi tifosi che non possono fare altro che farsi questa domanda, e darsi sempre la stessa enigmatica risposta:
SITOGRAFIA IMMAGINI E VIDEO:
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http://www.tribunaitalia.it/wp-content/uploads/2014/04/grecia-4.jpg
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