Il bello del calcio: "The game of their lives", USA-Inghilterra 1950

Per la seconda puntata de "Il bello del calcio" sono andato a scavare molto indietro nel tempo, per una partita che forse nessuno ricorda. Non è rimasta nella storia collettiva per una serie di circostanze: innanzitutto non fu televista, quindi solo i pochi presenti allo stadio furono testimoni diretti di ciò che sto per raccontare; inoltre non aiutò a rendere fama imperitura al match il fatto che non si trattò di una partita decisiva ai fini della competizione per la quale quel match si svolse.
Andiamo con ordine però: siamo alla fine degli anni Quaranta, e le cicatrici della guerra erano ancora molto profonde. Ovunque ci si guardasse, lo spettacolo era desolante: fame, stenti, povertà, distruzione erano dappertutto, e facevano passare letteralmente la voglia di pensare allo sport, a distrarsi. Anzi, quel giorno in Lussemburgo nel 1946 in molti avevano la paura che il Campionato mondiale di calcio, voluto fortemente dal presidente della FIFA, il francese Jules Rimet, che aveva preso il via nel 1930 e la cui ultima edizione si giocò nel 1938, cadesse nel dimenticatoio, fagocitato anch'esso dal terrore della guerra.

Fortunatamente non fu così, e dall'assemblea i rappresentanti del Brasile avanzarono la proposta di un'edizione della Coppa Rimet (adesso intitolata al suo creatore) proprio nel paese sudamericano, di certo anche per "pubblicizzare" al mondo la forza del regime del generale Dutra. La FIFA accettò immediatamente: dopo vent'anni la coppa del mondo torna in Sudamerica, la grande avventura poteva riprendere!
Il coraggio della FIFA nell'organizzare questo torneo nonostante tutte le difficoltà del periodo fu premiato, e sull'onda dell'entusiasmo dissero sì alla partecipazione tredici squadre (pochine rispetto ai nostri standard, ma in quel periodo difficile era manna dal cielo). Fra le tredici spicca, senza dubbio, la partecipazione dell'Inghilterra.
Era la prima volta che i maestri del calcio partecipavano a una qualsiasi manifestazione internazionale di calcio all'infuori del Torneo Interbritannico contro Scozia, Galles e Irlanda del Nord: fino ad allora infatti gli inglesi giocavano contro i continentali soltanto in occasione di amichevoli. La squadra, affidata dal 1947 a Walter Winterbottom (uno che dedicherà alla nazionale d'Albione ben 16 anni della sua vita, e tutta la sua carriera, dato che dopo le sue dimissioni nel 1963 non allenerà più alcuna squadra), è favorita, in virtù del complesso di superiorità che esercitava su tutte le altre nazionali, in quanto nazione da cui è cominciata tutta la storia del calcio. Ma l'Inghilterra non è solo questo, anzi sarebbe riduttivo parlare solo dell'altezzosità degli inglesi: l'Inghilterra infatti ha una squadra molto forte, che da anni domina l'Interbritannico (non dovete immaginare Scozia, Galles e Irlanda del Nord come lo sono adesso, in quanto in quegli anni avevano tutte delle squadre rispettabilissime), e che vanta in rosa dei calciatori di livello assoluto, fra i quali i difensori Billy Wright e Alf Ramsey (che sarà il successore proprio di Winterbottom alla guida dei tre leoni); mister 764 presenze in campionato (record tuttora esistente) Jimmy Dickinson in mediana e i leggendari attaccanti Tom Finney e Stan Mortensen. Ma soprattutto, sulla fascia destra, il più talentuoso fra gli inglesi, il veterano numero sette Stanley Matthews, l'inossidabile primo Pallone d'oro della storia, conquistato nel 1956 alla venerabile (per il calcio, si capisce) età di 41 anni.
I due fuoriclasse inglesi: a sinistra Stanley Matthews, a destra Stan Mortensen
Una squadra molto forte, quella che parte da Londra per giungere in Brasile, accreditata per la vittoria finale: una mano la diede anche il sorteggio, che contrappose agli inglesi Spagna, Cile e gli Stati Uniti, gli altri protagonisti della nostra storia.
Il calcio negli USA non ha avuto la presa che invece ha mostrato nel resto nel mondo, come tutti sappiamo, per i più disparati motivi, per analizzare i quali non basterebbe un pensiero in questo post. Tuttavia, la nazionale yankee è stata una delle più presenti fino ad allora, avendo saltato soltanto l'edizione francese del 1938, e addirittura centrando la semifinale nel 1930. Dal 1934 al 1950 sono passati sedici intensissimi anni, nei quali molte cose sono cambiate, e se molte nazioni avevano fatto dei notevoli passi avanti nella qualità del gioco, gli USA erano rimasti fermi, se non addirittura regrediti. In Brasile infatti, a rappresentare la nuova superpotenza mondiale si presenta con una squadra di dilettanti, molti dei quali nemmeno "americani purosangue" ma immigrati, i quali sembrerebbero esser venuti solo in vacanza nel paese sudamericano, senza alcunché da dire in merito allo svolgimento della quarta edizione della Coppa del mondo. L'esordio a Curitiba il 25 giugno diede conferma di ciò che si diceva in merito agli americani, che persero 3-1 contro la Spagna, che rimontò il gol iniziale di Gino Pariani (sempre a proposito di immigrati, lui da dove viene secondo voi?).
La Nazionale americana di Bill Jeffrey, prima dello storico match con gli inglesi
29 giugno 1950, pochi intimi (10000 persone per una partita dei mondiali sono effettivamente pochine, ma come dar torto a chi ha preferito risparmiare i suoi cruzeiros, valuta brasiliana di quel periodo, visto che era di scena la partita più scontata dell'intera coppa del mondo?) si ritrovano all'Estadio Indipendencia per Stati Uniti-Inghilterra. La partita sembra non avere storia già dagli undici che scendono in campo: da una parte carneadi come Frank Borghi (altro italoamericano, che ha un'impresa di pompe funebri a Saint Louis), il capitano - scozzese come il coach Jeffrey - McIlvenny,"Gloves" Colombo, "Pee-Wee" Wallace e l'haitiano di padre belga (in base a che criterio giochi nella nazionale USA rimane un mistero) Joe Gaetjens; dall'altra gente del calibro di Wright, Dickinson, Bentley, Mannion e Mortensen. E non c'era Matthews, che la leggenda vuole essersi rifiutato di scendere in campo e "macchiarsi di sudore" contro i sudditi.
L'italiano Dattilo da il via, e dopo soli cinque minuti gli inglesi hanno già colpito due volte i pali della porta USA. Poi però gli inglesi calano d'intensità, mentre gli americani prendono le contromisure adatte per restare in partita, Inoltre, un eccellente Borghi fa il suo dovere, tenendo il risultato sullo 0-0. Ancora per poco. Infatti poco dopo un portiere è piegato e sta raccogliendo il pallone dalla sua porta. Quando si rialza, però, ci accorgiamo che non è Borghi, ma Williams, il portiere degli inglesi! Il gol, inaspettato, porta la firma di Joe Gaetjens, che ha appena appena spizzato in tuffo un cross di Bahr diretto sulla linea di fondo, ma la deviazione è sufficiente per far sì che Williams non la prenda: 1-0 USA.
Minuto 37: Gaetjens batte Williams, USA in vantaggio contro l'Inghilterra!

Il secondo tempo è un assalto all'arma bianca dei britannici, che le provano tutte per riportare la partita alla "normalità", Quel pomeriggio però, come molte altre volte quando si parla di calcio, la normalità è da tutt'altra parte, e se i fortissimi Mannion, Finney e Mortensen, che normalmente fanno vedere i sorci verdi a campioni come i difensori del Grande Torino (si incontrarono in nazionale nel 1948, e gli inglesi umiliarono l'Italia con un netto 0-4), oggi sembrano impotenti contro Colombo e McIlvenny, e anzi sono gli USA ad andare vicini al 2-0, e solo il fuoriclasse Ramsey riesce a scacciare via il pallone sulla linea, tenendo a galla i suoi.
Niente da fare quindi, a Belo Horizonte è 1-0 USA, con i calciatori americani portati in trionfo sulle spalle, in pieno stile Fuga per la vittoria, dai 10000 brasiliani, increduli per questo risultato e man mano affezionatisi a questi ragazzi, dilettanti in grado di sconfiggere gli altezzosi e imbattibili maestri del football. La partita, come detto all'inizio, non fu decisiva, e infatti gli americani perderanno nel terzo turno contro il Cile, mentre gli inglesi ancora shockati dall'umiliazione subita, sprecano l'ultima chance di superare il turno, perdendo contro la Spagna. Eppure a noi piace ricordarla questa partita, come un'ulteriore riproposizione della storia biblica del piccolo Davide che sfida e abbatte il gigante Golia. Perché questo è il bello del calcio: niente è scritto, se non dopo il fatidico novantesimo minuto.
I tifosi portano in trionfo l'eroe di giornata, il match-winner Joe Gaetjens

PER SAPERNE DI PIU':
https://www.youtube.com/watch?v=xM4QWsi-O_w
http://www.storiedicalcio.altervista.org/1950-2.html
http://www.thefootballhistoryboys.com/2013/10/1950-world-cup-miracle-on-grass.html
SITOGRAFIA IMMAGINI:
http://www.storiedicalcio.altervista.org/images/Logo%20Brasile%2050%20big.jpg
http://i4.mirror.co.uk/incoming/article197017.ece/alternates/s615/stanley-matthews-and-mortensen-pic-getty-196795062.jpg
http://cdn.we-boost.net/comunicablog/bi/61//files/2014/06/021012_USA-1950.jpg
https://moacirbarbosa.files.wordpress.com/2014/04/1950-gaetjens-vs-williams-usa-inghilterra.jpg?w=620
https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTmlq1PmxzKnXOqCVyWD4_R9AFCRvyGEYrVa7ExgYzn33nvxBpE

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