Coppa Italia: si può fare di più?

21 gennaio 2015, quindi nell'immediato indomani di Roma-Empoli, partita valevole per gli ottavi di finale della 68ª edizione della Coppa Italia. La partita, ieri sera, ammetto di non averla vista, per cui vado a informarmi, da buon appassionato di calcio, sull'andamento della partita fra i giallorossi e gli azzurri. Noto gli ingredienti classici di una partita di Coppa Italia: stadio Olimpico semivuoto, con soli 15000 spettatori che in uno stadio maestoso come quello romano possono addirittura sentire l'eco dei loro cori (e fischi), e squadre che lasciano spazio alle seconde linee. O per lo meno, l'Empoli così fa: infatti, mentre Garcia lascia fuori i soli De Sanctis, Manolas, Holebas e Ljajic in vista dell'impegno in campionato con la Fiorentina che ormai incombe, Sarri schiera dei titolarissimi cui si affida in campionato soltanto Mario Rui, Vecino, Maccarone e Tavano, scavando fra le seconde linee per trovare gli altri sette da schierare.

Nonostante ciò, è proprio l'Empoli B (se così si può dire) a fare la partita: sembra quasi non ci sia differenza fra titolari e riserve per i toscani, poiché questi ultimi riescono a produrre la stessa mole di gioco che propone la squadra A in campionato. Merito va ovviamente all'allenatore Maurizio Sarri, bravo ad allenare tutta la rosa (sembra scontato che un allenatore faccia questo, ma non è affatto semplice) e a portare avanti le sue idee di gioco.
Tornando alla fredda cronaca, l'Empoli mette in serissima difficoltà la Roma, che però passa in vantaggio con Iturbe, l'asso argentino prelevato a peso d'oro la scorsa estate dal Verona, e che finora aveva disputato una stagione al di sotto delle aspettative, altissime, riposte in lui. L'Empoli come detto non si scompone, e continua a giocare, finché a dieci minuti dal termine Verdi batte sul tempo Skorupski, il numero 12 della squadra di Garcia, lo supera e deposita il pallone in rete. Gol pesantissimo, perché protrae la partita per altri trenta minuti, per la "gioia" degli infreddoliti, annoiati e anche piuttosto innervositi tifosi giallorossi. Al 9' del secondo tempo supplementare però arriva un qualcosa che dovrebbe farli gioire: l'arbitro Di Bello concede un calcio di rigore alla Roma, con De Rossi che va a realizzare il gol del decisivo 2-1.
Il passaggio del turno ovviamente arriva, non la gioia dei tifosi, che anzi fischiano sonoramente la squadra, e puntuali arrivano anche le polemiche, quelle che piacciono tanto a noi sportivi italiani, visto che il fallo imputato a Zielinski su Paredes non c'era, essendo l'intervento assolutamente regolare.
In conferenza stampa, Sarri parlerà anche di questo episodio, ma non subito. L'allenatore infatti inizia la conferenza dichiarando, col suo marcato accento toscano: "Non sono amareggiato per la Coppa Italia, perché la Coppa Italia è una manifestazione che a me non piace: non piace per il tipo di regolamento che c'ha, la ritengo la manifestazione più antisportiva d'Europa, penso che non ci sia Paese europeo in cui ci siano squadre che entrano al quinto-sesto turno. E quindi non mi piace, perciò di andare fuori dalla Coppa Italia non mi importa sinceramente e assolutamente niente".
Il resto dell'intervista del tecnico aretino, ma nato a Napoli, non l'ho neanche ascoltato. Non me interessava nemmeno, a dirla tutta. Sono queste infatti le parole che mi hanno colpito. Anche per il fatto che, nel succo del discorso, sono d'accordo con il tecnico toscano.
Ogni anno infatti assistiamo a una nuova edizione della Coppa Italia, che ogni volta si conferma la manifestazione più triste e, sotto certi versi, inutile che esista. Stadi sempre più vuoti, tifosi che non sentono l'importanza della competizione, non li attira, non li entusiasma. 
Non lo fa certe volte nemmeno con gli addetti ai lavori, che tengono sì a vincerla, ma se vengono eliminati prima del tempo non ne fanno di certo un dramma, anzi qualcuno la vede quasi come un premio di consolazione, un riempitivo che può far piacere se lo vinci, ma del quale non ne senti poi tanto la mancanza se invece ti sfugge. Tutto ciò si ripercuote sul livello tecnico delle partite, che cominciano a essere realmente combattute e a offrire degli spunti calcisticamente interessanti solo a partire dalle semifinali. Fa impressione notare tutto questo riferito alla coppa nazionale, che quasi deve fare i salti mortali per rimanere in calendario, mutarsi ogni anno nella formula e nello svolgimento, per riuscire a farsi faticosamente spazio nei calendari dei nostri club professionistici, quando nella non lontana - ma più lontana che mai sotto questo aspetto - Inghilterra l'FA Cup gode ancora oggi, a ben 144 anni dalla sua nascita, di un prestigio e di un fascino impareggiabili, ed è una manifestazione centrale nei cuori degli sportivi inglesi, tanto da renderla più importante del campionato: ne è una prova il fatto che i match di coppa si disputano non in settimana, ma il sabato pomeriggio, all'orario canonico delle partite nel paese d'oltremanica, e che in caso di sovrapposizione di date fra la coppa e il campionato, è quest'ultimo a cedere il passo.
Da qui la mia domanda: davvero non si può fare di più per migliorare la nostra malata Coppa Italia? A partire dalla formula: la Coppa Italia 2014-2015 si articola in otto turni, nei quali si giocano partite secche all'eccezione della semifinale, che è andata e ritorno. Partecipano in totale 78 compagini provenienti da Serie A (20); Serie B (22) Lega Pro (27 team dei 60 partecipanti al terzo campionato italiano, e i criteri per la determinazione di questi club sono complicatissimi: se proprio avete voglia di farvi seghe mentali e conoscerli, li troverete sulla pagina Wikipedia, e tanti auguri!) e Serie D (9 team dei 167 militanti in Serie D, e anche per essi vale ciò che ho detto a riguardo dei club di Lega Pro). Ma, come ci ha anticipato Sarri, non partecipano tutte insieme: al primo turno partecipano le squadre di Lega Pro e Serie D, alle vincenti si aggiungono, nel secondo turno, le squadre di Serie B, mentre 12 club di A si uniscono alla compagnia durante il terzo turno. Da questa scrematura restano quindi 16 club, ammessi al quarto turno, che si gioca a inizio dicembre, ben tre mesi dopo il terzo turno, dal quale usciranno vincitrici le otto squadre ammesse agli ottavi di finale, dove scendono finalmente in campo le migliori otto squadre di Serie A.
Insomma, un bel casino. Per non parlare poi della determinazione della squadra che gioca in casa, scelta in base al numero di tabellone migliore. Questo sistema, ovviamente, favorisce la squadre che entrano in gioco a competizione inoltrata, che possono quindi godere anche del vantaggioso fattore campo. Risultato di questo sistema? L'Olimpico di martedì sera, praticamente vuoto perché il pubblico di Roma sente (come è ovvio che sia) poco la partita con una piccola come l'Empoli.
De Rossi esulta per il gol del 2-1: dietro di lui, una curva desolantemente vuota
dello Stadio Olimpico di Roma.

Vediamo ora al modello che avevo proposto come termine di paragone, l'FA Cup: i punti in comune sono l'inizio il 17 agosto, e lo svolgimento di partite a eliminazione diretta. Sono gli unici però, perché poi da qui in poi cambia tutto. A partire dal numero di partecipanti: avevamo detto 78 per la Coppa Italia, in Inghilterra ce ne sono quasi settecento in più, provenienti dalle quattro serie professionistiche o, come li chiamano in Inghilterra, dalla Football League; ma anche e soprattutto dal calcio cosiddetto non league, ovvero dalle serie inferiori e dilettantistiche inglesi. In estrema sintesi, hanno diritto a partecipare tutti i club che facciano parte del cosiddetto National League System (NLS), ovvero militino nei campionati che vanno dal livello 1 (Premier League) al livello 10 della piramide del calcio inglese. Un'opportunità fantastica, per i piccolissimi club dilettantistici, quella di poter affrontare i grandi club inglesi, che hanno fatto la storia del calcio, a patto di superare i turni di qualificazione che si disputano da agosto a ottobre, prima dell'inizio del primo turno della FA Cup vera e propria, quando ai 32 club dilettantistici che si sono qualificati si aggiungono prima i 48 club di League One e League Two; e poi dal terzo turno le squadre di Championship e di Premier League.
Non ho però specificato la cosa che più mi ha affascinato: essendoci anche qui dei turni ad eliminazione diretta, anche in questo caso bisogna stabilire la squadra padrone di casa. Niente di più semplice per gli inglesi, che in questo caso non badano a una cosa astratta come il numero di tabellone, ma alla classifica del campionato precedente. Essendo però gli inglesi, sotto molti aspetti, più logici di noi, guardano la classifica dal basso verso l'alto: insomma, la partita di FA Cup si disputa sul campo della squadra più "piccola", peggior classificata l'anno precedente; eccezion fatta ovviamente per la finale, che si disputa tradizionalmente in campo neutro nel tempio del calcio, lo Stadio di Wembley.
In questa semplice, ma geniale maniera (che chissà perché non viene mai in mente a nessuno qui in Italia...) si sono assicurati che gli stadi siano sempre pieni: non ci vuole un genio infatti per immaginare che, se la partita di ieri si fosse disputata al Castellani, non avremmo visto tutti quei sediolini blu miseramente liberi. Ma c'è molto di più: la Coppa adesso, invece che un'inutile seccatura per le squadre di vertice, impegnate nel loro importantissimo campionato, è la competizione di tutti gli inglesi, perché davvero tutti vi partecipano, e per i tifosi di ogni club che ne prende parte vincere assume un significato speciale, unico, un sapore che la Coppa Italia non è mai riuscita a dare, non essendo mai stata la coppa degli italiani, ma restando confinata a un mero intrattenimento televisivo per i tifosi delle squadre di A e B e a pochi intimi invitati di quella che una volta era la Serie C. Ecco perché lo stadio è sempre vuoto, senza pubblico: esso non viene attratto, per il tifoso medio la Coppa Italia non significa nulla
E quindi, mentre anche oggi va in onda il match fra Fiorentina e Atalanta e quello fra Inter e Sampdoria (non accendo nemmeno la TV, San Siro voglio ricordalo pieno, come quello delle grandi occasioni, vederlo vuoto mi farebbe solo male da amante del calcio, come anche domani sarà bruttissimo vedere il mio Napoli giocare con l'Udinese in un San Paolo quasi deserto), io sono qui a scrivere, immaginando un Lavello (squadra militante in Eccellenza Basilicata rappresentante l'omonimo comune in provincia di Potenza) - Milan, in un Franco Pisicchio stracolmo nei suoi 1200 posti, che però sappia dare tutto il tifo e il calore possibile, tale da rendere quel minuscolo catino una bolgia dantesca anche per i campioni rossoneri. E chissà come andrebbe a finire: d'altronde, più di una volta l'Fa Cup ci ha riservato sorprese, come l'eliminazione di una grande del calcio proprio ad opera di una squadra dilettantistica spinta dal suo calorosissimo pubblico. Veri e propri miracoli sportivi, che la Coppa Italia non sarà mai in grado di regalare, fin quando avrà questo regolamento assurdo. E' proprio pensando alla nostra Coppa Italia, e a quanto potrebbe essere bella con le dovute modifiche, che mi è venuto in mente il brano vincitore del festival di Sanremo 1987, ad opera del trio (appassionatissimo di calcio, tra l'altro) Morandi (Bologna)-Tozzi (Torino)-Ruggeri (Inter), col quale vi saluto per oggi.


SITOGRAFIA IMMAGINI E VIDEO:
http://www.ilquotidianoitaliano.it/wp-content/uploads/2015/01/roma.jpg
http://www.giornalettismo.com/wp-content/uploads/2014/09/empoli-milan.jpg
http://www.sportlive.it/pictures/20140502/coppa-italia_2.jpeg
http://a2.fssta.com/content/dam/fsdigital/fscom/Soccer/images/2015/01/20/012015-SOCCER-Daniele-De-Rossi-of-AS-Roma-celebrates-PI.vadapt.620.high.0.jpg
https://encrypted-tbn1.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcT7R7jm9vLQq7Mqwm3jb9bNVL-wQrfPjY3uMBM_wvyUlVZcPrpbAQ
https://www.youtube.com/watch?v=cAhg7c9EYYA

Commenti

Post più popolari