La caduta di un Imperatore
Possiamo dire, senza ombra di dubbio, che se hai la fortuna di sapere dare bene dei calci a un pallone, certamente ti sei garantito una vita molto più che dignitosa. Se poi sei non bravo, ma addirittura un campione... beh, hai letteralmente sbancato il lunario.
Messi, Cristiano Ronaldo, Rooney, Ibrahimovic, Eto'o: cinque fra i migliori calciatori del mondo, che più volte si sono scambiati lo scettro di calciatore più pagato del globo. Il record assoluto spetta al camerunense che, nell'estate 2011, lasciò l'Inter scegliendo di trasferirsi ai russi dell'Anzhi Makhalala, poveri di blasone ma fornitissimi in quanto a bigliettoni, visto che gli garantirono un ingaggio di ben 20 milioni e mezzo di euro a stagione.
Sappiamo anche però che la fortuna, per quanto sia decisiva in molti frangenti, da sola non basta.
E' proprio di una storia del genere che volevo raccontarvi, di un ragazzo che aveva tanto, tutto forse, per sfondare nel calcio, tranne l'intelligenza e la maturità nel preservarsi i suoi talenti.
Questo ragazzo, venuto al mondo il 17 febbraio 1982 a Rio de Janeiro col nome di Adriano Leite Ribeiro, passa le sue giornate per strada, a giocare a calcio come fanno tutti nella favela di Villa Cruzeiro, uno dei luoghi più difficili al mondo dove un bambino possa crescere in maniera spensierata come gli converrebbe.
Ma, fra i tanti, lui spicca: ha a disposizione un notevole bagaglio tecnico, a cui abbina una gran forza fisica che gli permette di vincere ogni contrasto, e un sinistro che sembra davvero fatto di dinamite tanta è la potenza che riesce a sprigionare calciando il pallone. Uno così, presto o tardi, salta all'occhio, e così approda nel Flamengo, la squadra più popolare e seguita di tutta la città carioca. L'esordio è di quelli memorabili: in un incontro di Serie A brasiliana contro il Sao Paulo il diciottenne Adriano entra a partita in corso e realizza una doppietta decisiva per il 5-2 finale con cui la Rubronegra sconfisse la Tricolor. Da lì in poi Adriano è insostituibile, e per il Flamengo giocherà in totale 46 partite, condite da 12 gol. Questi numeri, e il titolo mondiale under 17 vinto da protagonista nel 1999, attirarono le attenzioni dell'Inter, che se ne assicura le prestazioni nel 2001.
L'impatto con la grande squadra non è facile e, dopo un gran gol su punizione (altro piatto forte del repertorio di Adriano) rifilato in amichevole al Real Madrid che lo fa conoscere al grande pubblico italiano, sono solo 8 le presenze per lui in Serie A coi nerazzurri, per lo più spezzoni, chiuso com'è dal vastissimo parco attaccanti a disposizione di Hector Cuper, che conta la presenza tra gli altri di Vieri, Recoba, Ventola, e Kallon, oltre al lungodegente Ronaldo. La grande ascesa verso la gloria di Adriano però non si ferma, e a gennaio si fa avanti la Fiorentina, messa male in classifica, che sarebbe più che felice di dare spazio a un calciatore promettente come Adriano: in maglia viola impressionerà tutti, malgrado la retrocessione finale della sua squadra, realizzando nelle 15 partite giocate in Serie A ben 6 gol, più di quanti ne abbia realizzati ogni altro calciatore viola durante un campionato intero!
Torna all'Inter, ma la musica non cambia: per lui non c'è spazio, e viene quindi ceduto in prestito al Parma. Nella tranquilla Emilia trova un allenatore, Cesare Prandelli, che sa valorizzarlo al meglio, e un compagno di reparto, Adrian Mutu, che è praticamente il suo gemello. Fuori dal campo, una testa che definire calda è un eufemismo, in campo un altro predestinato del gioco, che con Adriano forma una coppia semplicemente perfetta. Sono addirittura 33 i gol dei ragazzi terribili, 18 per il rumeno, 15 in 28 presenze per il nostro campioncino carioca, che valgono ai gialloblu il quinto posto in campionato.
L'anno successivo è ancora Parma, quest'anno senza il suo gemello Mutu, sul quale ha investito qualche milioncino (spiccioli per lui) Roman Abramovic, nuovo proprietario del Chelsea, che se lo porta a Londra, ma Adriano ormai è un calciatore cresciuto, forte, straripante, affamato di gloria e affermazione. Che proprio in quest'anno arrivano: l'Inter, ancora proprietaria della metà del suo cartellino, non poteva ignorare i suoi 8 gol nelle sole 9 partite del girone d'andata e le sue straripanti qualità, oltre al fatto che una partenza stentata stava facendo anche fallire l'obbiettivo minimo quarto posto, proprio a vantaggio del Parma dove il suo gioiellino sbalordiva tutti.
L'Imperatore (come adesso cominciano a chiamarlo) torna quindi a casa, giocando da titolare fisso con la sua maglia numero 10, e per i nerazzurri segna altri 12 gol in 18 partite complessive, necessari per ottenere il pass per il preliminare di Champions League.
Siamo nel 2004, e il momento più luminoso della carriera dell'Imperatore, cui cominciano ad affibbiare un altro nomignolo, l'Incredibile Hulk, è appena iniziato. Adriano in quegli anni ha ancora gli occhi della tigre, la fame di chi è sfuggito a un destino ben più duro che poteva riservargli la favela, e che non ha risparmiato parecchi suoi amici d'infanzia. E adesso che è lì, a giocarsi la sua grande chance con uno dei club più celebri d'Italia e d'Europa, non vuole farsi sfuggire il treno che si è fermato proprio alla sua stazione.
Il 2004 di Adriano non vuol dire però solo Inter: nell'estate del 2004 in Perù si tenne la quarantunesima edizione della Copa America, per la quale il c.t. verdeoro Parreira sceglie proprio Adriano come centravanti: Parreira non ne rimase deluso, e Adriano prende parte alla conquista del settimo titolo sudamericano della storia del Brasile, coronando una Copa America perfetta con il titolo di capocannoniere e il riconoscimento come miglior giocatore del torneo.
Torniamo però all'Inter, e al preliminare di Champions League faticosamente conquistato grazie anche, se non soprattutto, alle reti di Adriano: l'urna sceglie che il posto alla fase a gironi l'Inter dovrà giocarselo con gli svizzeri del Basilea. La preparazione è tutta incentrata per il doppio scontro, prima in terra elvetica l'11 agosto; poi a Milano il 24 dello stesso mese. Tutto sembra perfetto, mentre ci si avvicina a quella data, quando poi succede il fattaccio.
Ci ripunta la Roma su di lui, ma tradisce ogni aspettativa, e lascia il club capitolino a marzo 2011 dopo sole 8 partite senza gol e il ritiro della patente per il suo rifiuto di sottoporsi al test dell'etilometro. Dopo è un susseguirsi di mani tese in soccorso nei confronti dell'ex Imperatore, e di fiducie mai ricambiate da parte sua, che anzi si rende protagonista di tantissimi fatti incresciosi fuori dal campo, mentre in campo a sorprendere sono i 101 kg con cui si presenta in un allenamento, quando era sotto contratto col Corinthians del suo amico Ronaldo.
Adesso Adriano Leite Ribeiro, colui che avrebbe potuto essere il più forte calciatore del mondo, è senza squadra, sovrappeso, povero in canna (ha dovuto vendere la sua lussuosa villa a Rio de Janeiro per pagare i debiti, e tornare a vivere con la madre a Villa Cruzeiro) e alle prese con la giustizia: è di un mese e mezzo fa l'accusa nei suoi confronti di falsificazione di documenti e traffico di droga, per le quali ha rischiato fino a 25 anni di reclusione (ipotesi fortunatamente scongiurata, essendo stata dimostrata la sua estraneità ai fatti). E per me che, come molti altri che si erano innamorati delle sue gesta sul campo da calcio dal 2002 al 2005, fa un male enorme vederlo ridotto così; un ragazzo che aveva tutto per sfondare, ma che ha fatto di tutto per dilapidare tutto il talento che aveva ricevuto, sprecando tutte le occasioni che ha avuto per risollevarsi. Ma, come detto all'inizio di questo post, "Faber est suae quisquie fortunae", e Adriano si è, in questa maniera sciagurata, costruito (o, per essere più precisi, distrutto) il suo futuro.
PER SAPERNE DI PIU':
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Messi, Cristiano Ronaldo, Rooney, Ibrahimovic, Eto'o: cinque fra i migliori calciatori del mondo, che più volte si sono scambiati lo scettro di calciatore più pagato del globo. Il record assoluto spetta al camerunense che, nell'estate 2011, lasciò l'Inter scegliendo di trasferirsi ai russi dell'Anzhi Makhalala, poveri di blasone ma fornitissimi in quanto a bigliettoni, visto che gli garantirono un ingaggio di ben 20 milioni e mezzo di euro a stagione.
Sappiamo anche però che la fortuna, per quanto sia decisiva in molti frangenti, da sola non basta.
"Chi disse: preferisco avere fortuna che talento percepì il senso della vita"Probabilmente è l'aforisma più famoso e inflazionato degli ultimi anni. Io però credo sempre in un altro aforisma, molto più antico di Match Point, che mi insegnarono al liceo:
"Faber est suae quisquie fortunae"Per chi mastica poco o nulla la lingua di Cesare: in questa massima attribuita al console romano Appio Claudio Cieco è affermato che ciascuno è artefice della propria sorte. Che in realtà la fortuna non esiste: esiste il caso, che per sua natura è imprevedibile (per quanto la statistica si proponga di prevedere gli effetti degli eventi casuali sulle cose, ma non addentriamoci in questo discorso); ma la sorte, ciò che siamo, ciò che poi faremo, e dove tutte le nostre qualità ci porteranno in futuro, dipende solo da noi e dalle nostre scelte che quotidianamente prendiamo. Ciò che serve, quindi, è sapersi "creare" la fortuna, e poi coccolarsela, tenersela stretta a sé. Occorre quindi non solo talento, ma anche un bel po' di intelligenza per far sì che la tua fortuna non ti abbandoni mai. Perché senza intelligenza e maturità, la ruota vorticosa del caso riprende a girare per conto suo, e non è detto che si fermi nuovamente su di te. E a quel punto non importa quanto tu possa avere talento, e quanta fortuna tu possa aver accumulato: ti ritroverai in un baratro dal quale difficilmente potrai uscirne.
E' proprio di una storia del genere che volevo raccontarvi, di un ragazzo che aveva tanto, tutto forse, per sfondare nel calcio, tranne l'intelligenza e la maturità nel preservarsi i suoi talenti.
Questo ragazzo, venuto al mondo il 17 febbraio 1982 a Rio de Janeiro col nome di Adriano Leite Ribeiro, passa le sue giornate per strada, a giocare a calcio come fanno tutti nella favela di Villa Cruzeiro, uno dei luoghi più difficili al mondo dove un bambino possa crescere in maniera spensierata come gli converrebbe.
Un diciottenne Adriano al Flamengo |
Torna all'Inter, ma la musica non cambia: per lui non c'è spazio, e viene quindi ceduto in prestito al Parma. Nella tranquilla Emilia trova un allenatore, Cesare Prandelli, che sa valorizzarlo al meglio, e un compagno di reparto, Adrian Mutu, che è praticamente il suo gemello. Fuori dal campo, una testa che definire calda è un eufemismo, in campo un altro predestinato del gioco, che con Adriano forma una coppia semplicemente perfetta. Sono addirittura 33 i gol dei ragazzi terribili, 18 per il rumeno, 15 in 28 presenze per il nostro campioncino carioca, che valgono ai gialloblu il quinto posto in campionato.
Adriano e Mutu, insieme in maglia gialloblù nella stagione 2002-03. Insieme, realizzarono ben 33 reti, formando la coppia gol più prolifica dell'intera Serie A. |
L'Imperatore (come adesso cominciano a chiamarlo) torna quindi a casa, giocando da titolare fisso con la sua maglia numero 10, e per i nerazzurri segna altri 12 gol in 18 partite complessive, necessari per ottenere il pass per il preliminare di Champions League.
Siamo nel 2004, e il momento più luminoso della carriera dell'Imperatore, cui cominciano ad affibbiare un altro nomignolo, l'Incredibile Hulk, è appena iniziato. Adriano in quegli anni ha ancora gli occhi della tigre, la fame di chi è sfuggito a un destino ben più duro che poteva riservargli la favela, e che non ha risparmiato parecchi suoi amici d'infanzia. E adesso che è lì, a giocarsi la sua grande chance con uno dei club più celebri d'Italia e d'Europa, non vuole farsi sfuggire il treno che si è fermato proprio alla sua stazione.
Il 2004 di Adriano non vuol dire però solo Inter: nell'estate del 2004 in Perù si tenne la quarantunesima edizione della Copa America, per la quale il c.t. verdeoro Parreira sceglie proprio Adriano come centravanti: Parreira non ne rimase deluso, e Adriano prende parte alla conquista del settimo titolo sudamericano della storia del Brasile, coronando una Copa America perfetta con il titolo di capocannoniere e il riconoscimento come miglior giocatore del torneo.
Adriano con la Copa America vinta dal Brasile nel 2004. |
Torniamo però all'Inter, e al preliminare di Champions League faticosamente conquistato grazie anche, se non soprattutto, alle reti di Adriano: l'urna sceglie che il posto alla fase a gironi l'Inter dovrà giocarselo con gli svizzeri del Basilea. La preparazione è tutta incentrata per il doppio scontro, prima in terra elvetica l'11 agosto; poi a Milano il 24 dello stesso mese. Tutto sembra perfetto, mentre ci si avvicina a quella data, quando poi succede il fattaccio.
L'Inter la sera del 4 agosto è a Bari per un triangolare amichevole con la squadra di casa e con gli acerrimi rivali della Juventus, e dopo questa esibizione la squadra sta avviandosi all'aeroporto di Bari Palese per rientrare in sede, quando Adriano riceve una telefonata dal Brasile: nella sua casa di Rio de Janeiro un malore ha colto Almir Leite Ribeiro, il papà dell'Imperatore, portandoselo via a soli 45 anni. Il mondo crolla addosso al campione, che innanzitutto è un ragazzo di soli 22 anni che vede perdere una figura cruciale per una maturazione e una crescita che, se per il calciatore è ormai completa, per l'uomo è ancora di là da venire. Eppure le preoccupazioni della vigilia, e del post-lutto, sembrano esagerate: Adriano a Basilea c'è, e vuole scendere in campo nonostante ore di volo che pesano come macigni sul suo fisico, per non considerare la valanga che grava sul suo animo; e fa quello che sa fare meglio, ovvero fare gol. Non realizza un gol normale, ma un autentico capolavoro di potenza fisica applicato al gioco del calcio.
Al minuto 2:05 il gol dell'1-0 di Adriano in Basilea-Inter
In quella partita Adriano non è nemmeno l'Imperatore: come dice lo stesso Caressa nel video sopra, sembra un cartone animato giapponese, tipo Jeeg robot d'acciaio, gli altri che si aggrappano a lui pur di fermarlo, ma non ci riescono. Sembra impossibile che sia riuscito ad avere forze psicofisiche tali da poter realizzare quel gol, ma lui stesso ci dà la risposta, da fervente cristiano qual è.
La maglia che Adriano indossava sotto la divisa da gioco, che rimandava a questo versetto della lettera di San Paolo ai Filippesi: "Tutto posso in Colui che mi dà la forza". |
Lui nel frattempo, in campionato continua a far valanghe di gol: l'Incredibile Hulk davvero è irrefrenabile, ed è lui il vero trascinatore della squadra di Mancini, quella del record di pareggi. A fine stagione fra campionato, Champions e Coppa Italia realizza 28 gol in 42 presenze (media 0.66), vincendo la Coppa Italia (doppietta decisiva nella finale d'andata all'Olimpico contro la Roma) e piazzandosi sesto nella classifica del Pallone d'oro 2004.
Il periodo d'oro dell'Imperatore continua per tutto il 2005: dopo la Coppa Italia arriva anche la Confederation Cup in Germania, sostanzioso antipasto del Mondiale che si sarebbe disputato sempre in terra teutonica l'anno successivo. Adriano è capocannoniere della competizione con 5 gol, e guida i suoi alla vittoria a danno dell'Argentina (doppietta per lui in finale contro l'Albiceleste), formando un tridente fortissimo con gli assi che infiammano il Clasico di Spagna in quegli anni, Ronaldo e Ronaldinho.
In Italia riprende come aveva concluso, vincendo e segnando: il 20 agosto è subito Supercoppa, conquistata in casa degli acerrimi rivali della Juventus, e in Serie A realizza una tripletta decisiva ai danni di un allora esordiente Samir Handanovic. Adriano continua su questa strada, e a fine girone d'andata conta 12 gol in Serie A e 5 in Champions League e il riconoscimento da parte dell'IFFHS (Istituto Internazionale di Storia e Statistica del Calcio) come miglior bomber internazionale nell'anno solare.
Poi però, quasi il nulla: fino a fine stagione bisogna aggiungere solo il gol del 7 marzo nella partita d'andata dei quarti di Champions contro il Villareal. L'uomo bionico ha d'un tratto perso tutta la sua forza, è piovuta improvvisamente della kryptonite dal cielo e ha reso questa specie di Superman un brocco. La parabola discendente è ormai imboccata: disputa un pessimo Mondiale in Germania, mentre il suo digiuno continua, e per vederlo esultare dobbiamo attendere fino al 23 dicembre 2006, quando la magia del Natale contagia anche lui e lo fa tornare finalmente al gol.
Adriano però non manca di far parlare comunque di sé: no, il pallone questa volta non c'entra nulla, perché da Imperatore della Serie A è diventato Imperatore della movida milanese, ed è sempre più frequente trovarlo la sera in uno dei tanti locali del capoluogo lombardo, circondato da belle donne e una muraglia di bottiglie, e la mattina o a casa a dormire oppure ad Appiano Gentile, sede del centro sportivo dove si allena l'Inter, ma in condizioni pietose, tali da essere a stento capace di reggersi in piedi, con tutti i postumi delle sue notti brave, che cominciano ad essere troppe. E la paura che a molti era venuta quella sera d'estate del 2004 si era concretizzata, come lui stesso dichiarerà anni dopo:"Tra il 2005 e il 2009 sono caduto in depressione. La morte di mio padre mi ha lasciato un vuoto enorme. E bere era l'unica cosa che mo rendeva felice: vino, whisky, vodka, birra... molta birra [...] Mi vedevo solo, triste e depresso in Italia. E ho cominciato a bere, era l'unica cosa che mi rendeva felice. Tutte le notti feste, bevevo tutto quello che mi passava davanti [...] Non avevo come nasconderlo, arrivavo ubriaco la mattina agli allenamenti, non dormivo perché avevo paura di arrivare tardi, ma arrivavo in condizioni impresentabili. Questo è successo varie volte,, spesso mi mandavano a dormire in infermeria mentre alla stampa dicevano che avevo problemi muscolari. L'Inter ha provato ad aiutarmi in ogni modo."Da lì in poi è stata tutta una discesa inarrestabile, come lo era lui in campo nei momenti migliori, verso il baratro: prima è il suo mentore Mancini a gettare la spugna con lui, e a mandarlo in prestito al Sao Paulo, vicino casa, dove forse può ritrovarsi psicologicamente. Poi ci prova in ogni modo Mourinho a farlo ritornare Imperatore, e per un po' pare riuscirci. Poi Adriano ritrova i suoi vecchi fantasmi a perseguitarlo, ed è lui stesso, approfittando di una convocazione con la Selecao, a non tornare in Italia, facendo perdere le sue tracce. Matura ipotesi di ritiro dal calcio in quel periodo, ma alla fine la vicinanza a casa, alla sua Rio de Janeiro, sembra fargli bene: al Flamengo, che lo riaccoglie, segna 34 gol in 51 presenze, guidando la sua squadra alla vittoria del Brasileirao e conquistando anche il titolo di capocannoniere.
Ci ripunta la Roma su di lui, ma tradisce ogni aspettativa, e lascia il club capitolino a marzo 2011 dopo sole 8 partite senza gol e il ritiro della patente per il suo rifiuto di sottoporsi al test dell'etilometro. Dopo è un susseguirsi di mani tese in soccorso nei confronti dell'ex Imperatore, e di fiducie mai ricambiate da parte sua, che anzi si rende protagonista di tantissimi fatti incresciosi fuori dal campo, mentre in campo a sorprendere sono i 101 kg con cui si presenta in un allenamento, quando era sotto contratto col Corinthians del suo amico Ronaldo.
Adesso Adriano Leite Ribeiro, colui che avrebbe potuto essere il più forte calciatore del mondo, è senza squadra, sovrappeso, povero in canna (ha dovuto vendere la sua lussuosa villa a Rio de Janeiro per pagare i debiti, e tornare a vivere con la madre a Villa Cruzeiro) e alle prese con la giustizia: è di un mese e mezzo fa l'accusa nei suoi confronti di falsificazione di documenti e traffico di droga, per le quali ha rischiato fino a 25 anni di reclusione (ipotesi fortunatamente scongiurata, essendo stata dimostrata la sua estraneità ai fatti). E per me che, come molti altri che si erano innamorati delle sue gesta sul campo da calcio dal 2002 al 2005, fa un male enorme vederlo ridotto così; un ragazzo che aveva tutto per sfondare, ma che ha fatto di tutto per dilapidare tutto il talento che aveva ricevuto, sprecando tutte le occasioni che ha avuto per risollevarsi. Ma, come detto all'inizio di questo post, "Faber est suae quisquie fortunae", e Adriano si è, in questa maniera sciagurata, costruito (o, per essere più precisi, distrutto) il suo futuro.
PER SAPERNE DI PIU':
http://archiviostorico.corriere.it/2004/agosto/05/Adriano_Brasile_per_morte_del_co_9_040805105.shtml
SITOGRAFIA IMMAGINI E VIDEO:http://cdn.corrieredellosport.it/images/2014/02/13/eto_13321_immagine_obig.jpg
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