Il calcio europeo prima della Coppa dei Campioni

Gli obbiettivi dello sport sono vari a seconda dell'ottica in cui viene vista la pratica sportiva: da un punto di vista "sanitario" lo sport è utile per mantenere l'organismo in un perfetto stato di salute; in un'ottica più "sociale" lo sport è un momento di incontro e di unione; da un punto di vista "pedagogico" è un'opportunità di crescita non solo fisica ma anche morale per il bambino, che può imparare non solo a socializzare con altri bambini, ma soprattutto apprende che non può avere tutto ciò che vuole, ma che come esiste la vittoria analogamente esiste la sconfitta, e che quindi l'importante è partecipare, in un'accezione molto decoubertiniana. Sotto un'ottica però prettamente agonistica, ciò invece non conta nulla: il vero obbiettivo di uno sportivo che gareggia con altri è quello di vincere, dimostrare a sé stesso, a chi lo guarda e ai suoi avversari che lui è il migliore.
E' proprio in quest'ottica che inquadro questo post, quella della competizione, che deve rispondere costantemente a questa domanda: "Chi è il più forte?" Ma un aspetto particolare di competizione mi interessa: la competizione internazionale.

                             


La maggior parte dei campionati e delle coppe disputate ogni anno dagli inizi del secolo scorso infatti sono a carattere nazionale: si cominciò dalla FA Cup in Inghilterra e dalla Scottish Cup dei vicini rivali scozzesi, per poi veder nascere ogni anno nuove coppe e campionati in ogni paese europeo. Ben presto però nacque un'annosa questione: ma la Squadra X che ha vinto il nostro campionato è più forte di una Squadra Y che ha vinto il campionato in un altro paese? E' quindi dagli albori del calcio che esiste questa voglia di calcio internazionale, di misurarsi con altre squadre, altre scuole calcistiche, altre maniere di intendere e di giocare il calcio. Insomma, c'era fame di coppe europee che potessero definitivamente legittimare la forza di una squadra.
Se noi appassionati del XXI secolo la nostra fame di coppe europee l'abbiamo abbondantemente soddisfatta fra Champions League ed Europa League, in cui sono impegnate per tutta la stagione calcistica ben ottanta club (contando solo le fasi finali) provenienti da tutto il continente,  non era così per i nostri papà e per i nostri nonni.
Quello che in questo post mi propongo di raccontare è ciò che avevano a disposizione gli sportivi prima del 1955, quando ebbe vita la prima edizione della Coppa dei campioni. Fino a tale data non esisteva una competizione europea per i club, che anzi non era nemmeno vista di buon occhio da FIFA e UEFA, che per calcio internazionale intendevano solo quello delle nazionali.
Occasioni di incontro per i club di diversi paesi europei però non mancavano, ma erano principalmente sotto forma di amichevoli: come quella di Lisbona fra Benfica e Torino il 3 maggio 1949, l'ultima partita del Grande Torino prima dello schianto a Superga.
Amichevoli soprattutto, dicevamo, ma qualcosa a livello di competizioni ufficiali si muoveva già: cosa c'era di diverso fra queste e la Coppa dei campioni? L'universalità: mentre dal 1955 fino ai giorni nostri a contendersi la coppa ci sono squadre di tutta Europa, i primi flebili tentativi di competizione internazionale che cercano di farsi faticosamente spazio fra gli anni '20 e i primi anni '50 sono competizioni perlopiù a carattere regionale, che non interessavano tutto il continente, ma solo le federazioni di paesi vicini geograficamente.
Il titolo di antesignana di tutte le coppe europee è in un certo senso "conteso" da due competizioni: la Challenge-Cup, competizione disputatasi dal 1897 al 1911 fra club austriaci, ungheresi e cecoslovacchi, e fortemente voluta da John Gramlick, uno dei fondatori del Vienna Cricket and Football-Club, la squadra per cui tifava la allora folta comunità britannica di Vienna; e la Challenge international du Nord, disputatasi annualmente fra il 1898 e il 1914 fra club francesi, belgi, svizzeri e olandesi. Le obiezioni sulla Challenge-Cup che si disputava nell'area danubiana sono mosse dal fatto che fosse una competizione borderline, al limite dell'internazionalità: è vero che si sfidavano club di diverse nazionalità, ma è vero anche che nel periodo in cui ebbe svolgimento la competizione queste nazioni fossero unite sotto la doppia corona austroungarica indossata ancora dal Kaiser Francesco Giuseppe, rendendo quindi la Challenge-Cup non una coppa internazionale, ma una coppa nazionale, seppur di uno stato sovranazionale.
Challenge international du Nord, dunque: a farla da padrone sono i club belgi, cui sfugge solo l'edizione del 1900 vinta dal Le Havre AC. In particolare si distinguono il Léopold Club Brussel e l'Union Saint-Gilloise, club nel quale in quegli anni muoveva i primi passi Louis Van Hege, uno dei più grandi calciatori dell'epoca, che vestirà anche la maglia del Milan per 88 volte a cavallo fra il 1910 e il 1915, realizzando la bellezza di 97 gol in maglia rossonera.

Louis Van Hege, al Milan dal 1910 al 1915

A proposito di Italia, proprio nel nostro paese assistiamo a un altro tentativo di competizione internazionale: risale al 1908 il Torneo Internazionale Stampa Sportiva, organizzato appunto dalla testata torinese, che vide affrontarsi sette squadre provenienti da Italia, Francia, Svizzera e Germania. A trionfare furono proprio gli svizzeri del Servette Genève, che sconfisse per 3-1 il Torino, mentre ai cugini della Juventus spettò il terzo posto, infliggendo un netto 4-0 al Parisienne. Tre dei quattro gol bianconeri furono realizzati da Ernesto Borel, padre del più noto Felice, che giocò nella Juve del Quinquennio d'oro che vinse cinque scudetti di fila e nella Nazionale campione del mondo 1934; capace di laurearsi capocannoniere al suo esordio in Serie A a soli 19 anni, con un fantastico score di 29 gol in 28 partite.
Il Sir Thomas Lip-
ton Trophy
Il torneo si disputò anche l'anno successivo e nel 1911, prendendo il nome di Sir Thomas Lipton Trophy, dal nome dello sponsor ufficiale, l'imprenditore scozzese Thomas Lipton, la cui azienda che porta il suo nome è specializzata nel commercio di tè, che offrì per il torneo una coppa dal valore di ben duemila lire da consegnare al vincitore, che fu sempre lo stesso: i dilettanti inglesi del West Auckland, che sconfissero in finale nella prima edizione gli svizzeri del Winterthur e nella seconda edizione la Juventus.
Infine, nello stesso periodo si faceva calcio internazionale anche fra Francia e Spagna: in particolare nelle zone di confine come Catalogna, Paesi Baschi, Linguadoca, Midi-Pirenei ed Aquitania, i cui club si sfidarono annualmente, dal 1910 al 1914, nella Coppa dei Pirenei. Questa coppa è, fra quelle pioneristiche del calcio europeo, quella in un certo senso più vicina alla realtà dei nostri giorni: anche allora come adesso, a far man bassa di coppe è il più grande club catalano, il Barcellona.
Dal 1914, anno dell'ultima edizione di una coppa internazionale, passò un po' di tempo affinché in Europa si vedessero partite internazionali che non fossero amichevoli. Per la verità anche quelle scarseggiarono per un lungo periodo: lo scoppio della Grande Guerra e l'immediato e difficile dopoguerra portarono nel vecchio continente una serie di problemi molto complessi (l'epidemia di spagnola, l'avvento delle dittature fasciste, gli interventi militari nei paesi nati dalla dissoluzione dei grandi stati centrali, tanto per fare qualche esempio) che fecero passare decisamente in secondo piano l'organizzazione di partite di calcio internazionali, sia fra club che fra selezioni nazionali.
Finalmente, alla fine degli anni venti, i tempi parvero maturi per proporre un nuovo tentativo, e nel 1927 prese ufficialmente il via la prima edizione della Coppa dell'Europa Centrale, meglio nota come Coppa Mitropa.
E' la Mitropa la coppa che più si avvicina a ciò che sarebbe poi stata la Coppa dei Campioni dagli anni cinquanta in poi: innanzitutto per il numero elevato di partecipanti, due squadre (quattro a partire dal 1934) per ciascuna federazione calcistica che aderì alla competizione: Ungheria, Austria, Cecoslovacchia e Jugoslavia, cui si aggiunsero successivamente Italia, Svizzera e Romania; ma soprattutto perché quelle squadre erano il meglio del calcio europeo durante gli anni trenta, infatti Austria e Ungheria dominavano in Coppa Internazionale, mentre l'Italia si laureò campione del mondo nel 1934 e 1938 (in finale con Cecoslovacchia e Ungheria rispettivamente) e campione olimpico nel 1936. Non presero parte i club inglesi, che si astennero, in linea con l'atteggiamento portato avanti dalla nazionale che disertò la coppa del mondo, per manifesta superiorità.
A conquistare la coppa furono per gli austriaci Rapid Vienna, Austria Vienna (che nel 1933 regolò con difficoltà nella finale andata e ritorno l'Ambrosiana Inter, in una sfida che vedeva di fronte i più grandi talenti dell'epoca, Matthias Sindelar e Giuseppe Meazza, un po' come se oggi si affrontassero in finale Real Madrid e Barcellona con le loro stelle Cristiano Ronaldo e Messi)  First Vienna; per l'Ungheria si affermarono l'Ujpest del capocannoniere dell'edizione 1939 Zsengellér e il Ferencvaros di Gyula Sarosi (che per il gioco delle analogie, se Sindelar e Meazza sono i Messi e Cristiano Ronaldo del tempo, Sarosi è l'Ibrahimovic dell'epoca, un grandissimo fuoriclasse anche lui); per la Cecoslovacchia quelle che saranno le grandi del calcio ceco anche negli anni a seguire, ovvero lo Sparta e lo Slavia Praga, il cui grande campione era il leggendario portiere Planicka, mentre i successi italici hanno tutti il marchio Bologna. I rossoblù infatti a cavallo degli anni trenta vissero il periodo di massimo splendore, costruendo una squadra zeppa di campioni come Monzeglio, Schiavio, Fedullo, Andreolo, Sansone e Biavati guidati dal tecnico ungherese Weisz che seppe imporsi non solo in Italia con tre scudetti fra il 1936 e il 1939, ma come detto anche in Europa. La retorica fascista (Mussolini era in carica già da parecchio tempo quando il Bologna mieteva i suoi successi) approfittò della grande visibilità ottenuta dalle vittorie bolognesi, tanto che il Bologna divenne lo squadrone che tremare il mondo fa.
I tre grandi fuoriclasse del calcio europeo negli anni Trenta, che si sfidavano nella Mitropa Cup:

Matthias Sindelar dell'Austria Vienna, Giuseppe Meazza dell'Ambrosiana-Inter, Gyula Sarosi del
Ferencvaros.

Quasi a legittimare le vittorie del Bologna intervenne l'organizzazione, nel 1937, del Torneo Internazionale dell'Expo Universale di Parigi: questo torneo si disputò appunto nella capitale francese, in concomitanza dell'esposizione universale, dal 30 maggio al 5 giugno. Il Bologna eliminò prima il Sochaux e poi lo Slavia Praga, accedendo alla finale dello Stadio di Colombes, vinta poi dagli uomini di Weisz per 4-1. Perché la vittoria di questo trofeo significò molto per gli sportivi di allora, forse ancora di più delle vittorie in Mitropa? Perché l'avversario a cui il Bologna aveva letteralmente impartito una lezione di calcio era il Chelsea: per la prima volta i maestri si erano degnati di mandare un loro club professionistico a giocare in una competizione ufficiale ed erano stati sconfitti!
Cartolina del Bologna prima della finale del Torneo Internazionale dell'Expo di Parigi del 1937
Ad inserirsi nel gruppo dei tornei disputati una tantum fu anche la Coppa delle Nazioni, organizzata dagli svizzeri del Servette Genève in occasione del quarantesimo anniversario della fondazione del club, che si disputò nel luglio 1930, concludendosi pochi giorni prima che in Uruguay prendesse il via la prima edizione della Coppa del mondo (che non influenzò lo svolgimento della Coppa delle Nazioni, in quanto solo Belgio, Francia, Jugoslavia e Romania mandarono una loro selezione a Montevideo): ad avere la meglio sui campioni di Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Francia, Germania, Italia, OlandaSpagna e l'organizzatore Servette Genève furono gli ungheresi dell'Ujpest, che in finale umiliarono lo Slavia Praga di Planicka con un netto 5-1.
Gyula Zsengeller, stella dell'Ujpest
L'Ujpest è stato anche l'ultimo vincitore ufficiale della Mitropa, nel 1939: gli europei non impararono dai propri errori, e in quell'anno si rituffarono in un conflitto che, molto più che la Grande guerra, assunse proporzioni mondiali, gettando l'Europa e i suoi popoli nel panico, temendo che un domani non ci sarebbe più stato. Nel periodo che va dal 1939 al 1945 in pochissime parti del mondo si continuava a dare calci ad un pallone, visto che ogni competizione fu annullata per motivi bellici. I pochi che, nelle fasi "meno calde" del conflitto, ancora organizzavano manifestazioni calcistiche, lo facevano al massimo su scala regionale, vista la difficoltà negli spostamenti: come si poteva pensare a una manifestazione sportiva internazionale, quando moltissimi paesi (fra cui il nostro) erano divisi, spaccati a metà dalla guerra? Neanche a conflitto concluso le cose migliorarono: ognuno aveva paura dello straniero, specie se veniva da uno dei paesi aggressori: un esempio lampante fu come il pubblico francese accolse (non di certo con applausi e fiori, che poi andò a conquistarsi con la sua bici) Gino Bartali al Tour de France nel 1948.
Fu proprio la caparbietà nell'organizzare eventi sportivi, pur con tutte le difficoltà che si presentarono, a riunire un mondo inesorabilmente spaccato: memorabili furono in tal senso, oltre al già citato Tour de France, i Giochi olimpici del 1948, tenutisi in una Londra ancora ferita dai bombardamenti della Luftwaffe, che si disputarono in uno stile prettamente dilettantistico, quasi rusticano, che contribuì a far sì che i londinesi si affezionassero agli atleti che gareggiarono e che cercavano, nel loro piccolo, di portare un po' di fratellanza nel mondo.
Neppure il calcio si sottrasse: già ho detto all'inizio delle numerose tournée in giro per il mondo di quella che era considerata all'unanimità la squadra più forte del mondo, ovvero il Torino; memorabile fu poi il gesto di avvicinamento della Nazionale irlandese, che fu la prima nel dopoguerra a organizzare un'amichevole contro la Germania, che tutto il mondo evitava in quanto paese scatenante il conflitto mondiale: ancora oggi la divisa da trasferta della nazionale tedesca è solitamente verde, in onore degli irlandesi.
La Coppa Latina
Sulla spinta delle tante manifestazioni sportive del 1948, i vertici delle federazioni calcistiche italiana, francese, spagnola e portoghese presero coraggio e nel giugno-luglio, quindi a stagione calcistica nazionale conclusa, del 1949 partì l'avventura dell'ultima antesignana della Coppa dei Campioni: la Coppa Latina.
La formula era snella e semplice: i quattro campioni si sfidavano in semifinali in gara unica, le perdenti avrebbero giocato una finale per il terzo posto, mentre le vincenti si qualificavano per l'atto finale che avrebbe designato il vincitore. Le partite erano disputate in uno o due stadi di uno dei quattro paesi partecipanti, scelto a rotazione. Il trofeo si disputò fino al 1957, con un'interruzione nel 1954 quando si sarebbe dovuta disputare in contemporanea con la coppa del mondo in Svizzera. A vincere fu per due volte il Barcellona nel 1949 e nel 1952, trascinato da un grandissimo Laszlo Kubala che portò i blaugrana a vincere, nella stessa annata, anche Liga e Coppa del Re; due successi toccarono anche al Milan del fantastico trio svedese Gren, Nordahl e Liedholm nel 1951 e nel 1956, e al Real Madrid nel 1955 e nel 1957. A completare l'albo d'oro i successi del Benfica nel 1950 e dello Stade Reims nel 1953.

Il Milan 1956/57 con lo scudetto sul petto, conquistato la stagione precedente. Subito dopo il 

vittorioso campionato, il Milan conquistò anche la Coppa Latina, imponendosi per 3-1 nella  
finale di San Siro sugli spagnoli dell'Athletic Bilbao.

La storia della Coppa Latina (e la nostra) comincia a volgere al termine nel 1954, quando allo stadio Molineux si giocò un'amichevole fra gli inglesi del Wolverhampton e l'Honved, il club ungherese che forniva l'ossatura della nazionale magiara. La partita, memorabile, fu vinta dai Wolves di Billy Wright, e spinse i giornalisti del Daily Mail a proclamare entusiasticamente il club inglese come la squadra più forte del mondo. Quel titolo della testata inglese non andò giù al giornalista dell'Equipe e precedentemente calciatore Gabriel Hanot, e lo spinse a farsi avanti e a proporre con un editoriale sul suo giornale la sua idea di una coppa europea per i campioni di tutto il continente, e non solo della zona latina o danubiana come avvenuto finora, una coppa che potesse configurarsi come una competizione pienamente europea, da disputarsi parallelamente ai campionati.
<<No, il Wolverhampton non è ancora il "campione del mondo dei club"!>> così titolava l'edi-
toriale firmato Gabriel Hanot, che ufficialmente diede il via all'organizzazione di una competi-
zione per tutti i club europei: la Coppa dei Campioni.
Questa idea geniale di Hanot fu il preludio per quella che, dal 1955, divenne la Coppa dei Campioni, venuta alla luce grazie alla caparbietà di Hanot nello scontrarsi con la UEFA e le federazioni nazionali, inizialmente restie a partecipare a una coppa continentale; ma anche grazie all'appoggio decisivo di due personaggi molto influenti che al contrario videro di buon occhio il progetto di Hanot: Gusztav Sebes, c.t. dell'Aranycsapat; e Santiago Bernabeu, presidente della stessa squadra per la quale aveva già ricoperto in passato il ruolo di calciatore e allenatore, il Real Madrid. Bernabeu, che riteneva che al suo squadrone di campioni stessero ormai strette sia la Liga spagnola che la Coppa Latina per dimostrare tutto il suo valore, ebbe quindi il suo palcoscenico europeo per mettere in mostra le sue stelle. Aveva ragione lui: perché per i cinque anni successivi alla nascita della Coppa dei Campioni, nell'albo d'oro non ci fu che un nome: quello del Grande Real, la squadra più forte del mondo, e nessuno nell'Europa del tempo aveva più alibi per muovere obiezioni di alcun tipo.
A sinistra, il Grande Real in posa con la sua quinta Coppa dei Campioni consecutiva, conquistata
battendo l'Eintracht Francoforte con un secco 7-3, con tre gol di Di Stefano e quattro di Puskas.
A destra il suo grande artefice: il presidente Santiago Bernabeu.

PER SAPERNE DI PIU':
http://www.storiedicalcio.altervista.org/coppa_campioni/coppa_campioni__intro.html
http://www.calcioromantico.com/a-spasso-nel-tempo/lultima-antesignana-della-coppa-dei-campioni/
SITOGRAFIA IMMAGINI:
http://www.olimpiazzurra.com/wp-content/uploads/2014/03/calcio-logo-champions-league.jpg
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/archive/5/52/20130512205925!UEFA_Europa_League_logo.png
http://www.magliarossonera.it/protagonisti/img_giocV/vanhege8.jpg
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