Il sogno ad occhi aperti del Calais


Il grande calcio ha conquistato i cuori di quasi tutti gli sportivi del mondo, che riempiono settimanalmente - o anche meno, visto il sovraffollamento dei calendari calcistici internazionali - gli stadi per assistere allo spettacolo sportivo che offrono i protagonisti in campo, dei professionisti ben pagati che appunto prendono a calci un pallone guadagnando in cambio un sostanzioso ingaggio.
Le emozioni di una partita di calcio non sono però riservate soltanto ai grandi palcoscenici: parallelamente ai pochi professionisti c'è un plotone di squadre i cui calciatori scendono in campo in piccolissimi impianti senza percepire alcun ingaggio. Stiamo parlando ovviamente del calcio dilettantistico, molto presente nel tessuto sportivo e nei pensieri del tifoso medio, tanto che i campetti di periferia in cui vanno in scena le partite sono quasi sempre affollati di un discreto numero di spettatori, che incitano la loro squadra del cuore, quella della piccola realtà a loro più vicina. E sono partite sentitissime: il tifo è caloroso, ed è l'unico vero compenso di questi calciatori part-time, che una volta giunto il triplice fischio si spogliano del loro completino e indossano nuovamente i panni che occupano per il resto della settimana.
Calcio professionistico e dilettantistico, due mondi agli antipodi appartenenti allo stesso universo: ci sono infatti numerose differenze che fanno sì che questi mondi siano costantemente separati da una barriera, lontanissimi. Eppure, a volte queste due realtà vengono a contatto, molto raramente e in precise occasioni. Il più delle volte si tratta di amichevoli estive, buone solo per tastare i muscoli e la preparazione atletica dei professionisti in vista della stagione che verrà, e per i dilettanti come occasione di vedere da vicino quei divi del pallone che altrimenti seguirebbero solo in TV. Esistono però anche delle competizioni particolari in cui solo alcune squadre dilettantistiche, dopo aver superato dei turni eliminatori, possono giocarsela contro i più famosi, più attrezzati e più ricchi professionisti. Ovviamente parliamo della FA Cup, ma non solo: anche in Francia la coppa nazionale assume questo carattere ecumenico, e infatti alla competizione partecipano, nelle prime fasi, club non appartenenti alla Ligue de Football Professionnel e addirittura club provenienti dai dipartimenti d'oltremare, ovvero Martinica, Guadalupa, Tahiti e Nuova Caledonia fra le altre.

La nostra storia però non arriva fin laggiù: essa infatti parte da Calais, città dell'estremo nord della Francia, che affaccia sulla Manica e guarda diritto negli occhi le bianche scogliere di Dover. Anche qui in frontiera si gioca a calcio, ovviamente: ma il Calais Racing Union FC è decisamente fuori dall'élite del calcio transalpino, non essendo mai riuscita a raggiungere le serie professionistiche. Il Calais è infatti formato da calciatori dilettanti, che nella vita sono operai, impiegati, ingegneri, pescatori, che si divertono a giocare a calcio la domenica mattina.
I ragazzi del Calais, come tanti altri precari del pallone, partecipano alla Coppa di Francia ogni anno, e affrontano la sequela quasi infinita di turni preliminare per giungere all'obbiettivo di giocare una partita contro i professionisti. Lo fecero anche nell'edizione 1999-2000, in quanto militanti in una squadra del Championnat de France amateur. E come al solito affrontarono nei preliminari altre squadre composte da dilettanti, provenienti anche da campionati di livello più basso rispetto al CFA. L'avventura cominciò con un 10-0 al Campagne-Lès-Hesdin, compagine che milita nella 7ª divisione, tre serie più giù dei canarini, poi per poi proseguire con un 3-1 al Saint-Nicolas-les-Arras, sempre dalla 7ª divisione, e con due vittorie stentate, per 2-1 e per 1-0 rispettivamente, contro compagini di 5ª divisione come Marly-lès-Valenciennes Bethun. È quindi naturale che nemmeno i (pochi) tifosi dei canarini credano più di tanto nella squadra, quando l'urna sceglie come avversario per l'ottavo turno, l'ultimo prima dell'ingresso in gioco degli squadroni professionistici, il Dunkerque, militante in CFA come il Calais.
Come dar loro torto? Se la loro squadra - un'armata Brancaleone guidata dal tecnico Lozano, uno spagnolo che fuggì in Francia per sfuggire al regime franchista; che vede come membri più autorevoli il portiere Cédric Schille, ex giovanili del Metz che però ha abbandonato i suoi sogni di gloria nel calcio professionistico; il bomber Mickaël Gérard, di professione magazziniere; e il maestro ed ex promessa del calcio alle giovanili dello Strasburgo Jerôme Dutitre - ha faticato così tanto per avere la meglio contro squadre di categoria inferiore, contro il Dunkerque non ha speranze. Lozano però è un uomo saggio, e sa che nel calcio non vale la proprietà commutativa, e conosce meglio degli altri le capacità dei suoi calciatori, per cui è tranquillo. E i suoi ragazzi in maglia a strisce giallo-rossa non lo deludono: al termine di una gran partita il risultato è di 4-0 per i canarini, che davanti al proprio pubblico assiepato sugli spalti del piccolo impianto cittadino, il Julien Denis, stacca il biglietto per i trentaduesimi di finale.
Lozano è un uomo saggio, ma anche razionale: sa bene che ha centrato il suo obiettivo massimo con i trentaduesimi, ma spera sempre in un avversario quanto il più morbido possibile, per evitare che insieme all'eliminazione arrivi anche un'umiliante goleada. L'urna sceglie per il Calais il Lille, squadra di grande tradizione, che nella sua storia ha già vinto per due volte il campionato e cinque volte la Coppa di Francia, e che sta dominando la Division 2, pronto a tornare fra le 20 squadre della massima serie. Titoli di coda? Probabile, ma questo non preoccupa i canarini: già il fatto che una squadra di un tale blasone si trovi al Julien Denis a giocare contro di loro è il massimo dell'aspirazione. Ma il Calais tiene, e alla fine dei primi 45 minuti di gioco Schille ha dovuto raccogliere un solo pallone dalla rete: non male davvero dicono i critici, che però si aspettano di più dal Lille, che magari sfruttando la stanchezza di questi dilettanti non allenati quanto i professionisti può andare in gol ancora molte altre volte con relativa facilità. I soloni non hanno fatto però i conti con i bizzosi dèi del calcio, che spesso e volentieri si divertono a mischiare le carte in tavola. E accade così che i canarini mettono in campo anche l'anima, che la difesa del Calais, guidata dal capitano Réginald Becque, di professione impiegato in un'azienda di scaffalisti, diventi d'un tratto l'insuperabile linea Maginot, non concedendo altre chances al Lille. Non solo, accade anche che questi demoni in maglia giallo-rossa trovino l'insperato gol dell'1-1, che protrae la partita prima ai supplementari, e poi ai rigori. Rigori che di solito premiano chi ha sangue freddo e un cuore enorme, e sotto questo aspetto c'è un divario enorme fra le due squadre, più grande del muro esistente fra dilettantismo e professionismo: il Calais, infallibile dal dischetto, approda ai sedicesimi.
Adesso il pubblico comincia ad appassionarsi alle imprese di questi ragazzotti, che si dividono fra campo e la sveglia che ogni giorno suona per ricordare loro che inizia una nuova estenuante giornata di lavoro. Anche la fortuna comincia a guardarli con un occhio benevolo, e sceglie per il Calais il Langon-Castets, altra squadra di dilettanti come loro, che viene tramortita dai colpi di Gérard (doppietta) e Dutitre, per un 3-0 che vuol dire ottavi di finale.
Ottavi di finale, e nuovo approccio con i grandi: questa volta è il Cannes, Division 2 come il Lille, agli antipodi rispetto a Calais provenendo dalla più glamour Costa Azzurra, ma i canarini di Lozano non hanno paura: hanno infatti la follia dell'incoscienza, di chi non ha niente da perdere. E poi hanno un tifo indiavolato: tutti adesso vogliono seguire le gesta dei ragazzi in maglia giallorossa, e ne sono così tanti da non entrarci nel piccolo - 3000 posti a sedere- Julien Denis, tanto che la partita si gioca nella vicina Boulogne. La partita, come al solito, è una battaglia: fra il Cannes e il Calais c'è un divario tecnico abissale, ma i canarini giocano col coltello fra i denti, e resistono per 90 minuti e anche oltre. Poi la beffa: al 115' segna il Cannes con Chabaud, e con esso arrivano i titoli di coda. Il Calais però sa che, quest'anno, può giocarsela contro chiunque, e poco dopo Christophe Hogard di dimentica di essere un dilettante allo sbaraglio e trafigge i professionisti del Cannes proprio allo scadere. Ancora ai calci di rigore, ma stavolta non c'è storia: forse ancora traumatizzati dal pareggio in extremis contro una squadra che avrebbero dovuto battere facilmente, gli specialisti del Cannes riescono a battere una sola volta Schille. mentre il Calais è infallibile: 4-1 che proietta gli sconosciuti del Calais fra le otto grandi di Francia.
Il sorteggio complica ulteriormente le cose per i canarini, ma c'era da aspettarselo: adesso si va a giocare direttamente coi grandi, e lo Strasburgo, squadra di Division 1 con un organico di tutto rispetto, fra i quali ricordiamo Bagayoko e il portiere goleador paraguayano Chilavert, è troppo forte per perdere. Solo che a Lens - anche Boulogne adesso è troppo piccola per i canarini e il loro seguito, che si va espandendo a macchia d'olio in tutta la nazione - a iscriversi al tabellino dei marcatori sono gli sconosciuti al mondo del grande calcio Hogard e Merlen, mentre lo Strasburgo non va oltre una sola marcatura. La matematica non è un'opinione, e la partita finisce 2-1 per il Calais, che va a giocarsi la semifinale.
La Francia adesso è in visibilio: TV e giornali sono tutti per questi scaffalisti, magazzinieri, insegnanti che hanno l'ardire di sfidare i professionisti lautamente stipendiati, e addirittura riescono a batterli! I ragazzi del Calais, che adesso tornano alla vita di tutti i giorni con maggiore difficoltà essendo seguiti ovunque da fotografi e cronisti, sono i più amati di Francia, novelli Davide contro Golia, anzi di più: Davide ha battuto solo una volta Golia, mentre il Calais mette ripetutamente al tappeto i giganti che affronta. Ed è proprio per questo che adesso il Calais non ha paura di nessuno, pur restando umile come predica il mago Lozano: sanno che se arrivi in semifinale non può essere solo merito della fortuna.
Sotto a chi tocca quindi, e tocca al Bordeaux. Ovvero, la squadra più forte di Francia, quella in cui giocano DugarryWiltordLaslandesMicoud Legwinski, che normalmente contro avversari del calibro del Calais si impegnano più nel firmare autografi che a giocare a calcio. I ragazzi del Calais li conoscono bene: magari qualcuno di loro nella primavera precedente ha anche esultato per il campionato vinto dai girondini, e tutti loro ricordano l'euforia che Dugarry e gli altri campioni hanno saputo dare a una nazione intera in quella notte del 12 luglio 1998...
Ma tutto questo, una volta che a Lens inizia il match, i ragazzi del Calais non lo sanno, e cominciano la loro solita partita di sacrificio, grinta e cuore oltre l'ostacolo: e lo fanno bene, perché dopo 90' le reti sono ancora vergini, e si va ai supplementari. Dove accade l'imponderabile: quando i calciatori in maglia giallo-rossa dovrebbero essere ormai bolliti, ecco che al minuto 99 Jandeau, che per il Calais indossa anche giacca e cravatta come impiegato, trova un gran tiro da fuori, una castagna di quelle che quando le facevi da piccolo all'oratorio ti gasavano a mille, e batte Ramé1-0. Ma il Bordeaux non ci sta, e 9 minuti dopo Laslandes trova l'1-1. Ecco, sembra che tutto stia tornando alla normalità, e al gol di Laslandes seguono altri due gol. A subirli però non è Schille, ma Ramé: a segnare non è Dugarry, ne alcuno di quei campioni in maglia blu, ma sono Mathieu Millien Mickaël Gérard, con le loro maglie giallo-rosse sporche di sudore e fango, ma poco importa: quelle maglie trasudano gloria da ogni poro, perché i dilettanti del Calais sono in finale di Coppa di Francia!
Un'emozione unica pervade i protagonisti in campo, una gioia che fa scoppiare il cuore: è l'effetto che fa quella serata a Lozano, il cui fisico non regge a quell'euforia e cede ad un malore, fortunatamente superabile dopo un paio di notti di riposo in ospedale, allietate peraltro dalla telefonata del presidente francese Jacques Chirac, che invita mister Lozano a rimettersi presto, perché lo aspetta allo Stade de France per la finale. Dutitre, Gérard, Schille, Millien, Becque e gli altri si guardano tramortiti: nei loro occhi vedono gli stessi impiegati, maestri, scaffalisti, e magazzinieri di sempre: come diamine hanno fatto ad arrivare fin lì nemmeno loro lo sanno, ma davvero c'è bisogno di una spiegazione in questi casi? È la magia del calcio, che non bussa ma arriva, sicura e improvvisa, e tu non puoi far altro che godertela. E goderti tutto il resto: i festeggiamenti pazzi durati tutta la notte a Calais, i compaesani e gli amici amici che fermano i calciatori per strada per ringraziarli perché, con le loro gesta col pallone, riempiono di orgoglio una cittadina di poco più di settantamila abitanti, nella quale la vita è sempre più difficile per via della diffusa disoccupazione; o i tanti sconosciuti provenienti da tutta la Francia che adesso vedono la foto sull'Équipe di quegli sconosciuti precari del pallone. Che adesso riconoscono e sostengono col loro tifo.
Ci sono tanti di quegli sconosciuti allo Stade de France, il teatro della doppietta di Zidane e del gol di Petit che stesero due anni prima il Brasile in Coppa del mondo, a sostenere i canarini: 78586 spettatori paganti, ci dicono i numeri, una muraglia in pratica, più di quanti ne abbia mai raccolti il Julien Denis in tutta la storia del CRUFC. Tutti lì, per vedere i canarini giocarsi la coppa contro il Nantes, altra grande del calcio francese del periodo. Una coppa nella quale gli uomini di Lozano non sperano, razionalmente, ma che sotto sotto sognano di alzare, di mostrarla al mondo nelle loro mani.
È il 7 maggio, e tutto è pronto per la finale delle finali: Lozano ha predicato per tutto il tempo della preparazione umiltà e lavoro, le uniche ali che hanno permesso questo volo folle dei suoi uomini, ali che sembrano scricchiolare adesso che i calciatori hanno addosso la luce dei riflettori che si sono giustamente guadagnati. Eppure le preoccupazione di Lozano appaiono esagerate: la linea Maginot di Becque eretta a protezione di Schille regge alla perfezione, e il Nantes non ha particolari occasioni. Al 34' in attacco c'è il Calais, che può usufruire di un calcio d'angolo: nell'azione convulsa che ne segue la palla arriva a Dutitre, che tira in porta in maniera precisa e deposita la palla in rete. 

Il boato dello stadio è assordante: tutto il pubblico neutrale presente è dalla parte dei canarini, che adesso conducono la partita e sembrano avere mezza mano sulla Coppa. Il primo tempo finisce così, col gol firmato da Dutitre, il maestro elementare che a scuola insegna ai suoi bambini che le fiabe sono solo dei racconti, ma che adesso ne sta vivendo una tutta vera, ed è bellissima. Adesso anche il razionale Lozano ci crede, trascinato dall'entusiasmo che la squadra, nello spogliatoio, non riesce a trattenere; tanto che il tecnico dirà ai suoi: "Se nel primo quarto d'ora del secondo tempo non subiamo gol, non segnano più".
Il secondo tempo inizia, e con esso gli ultimi 45 minuti di questa magica Coppa di Francia, 45 minuti buoni per il Calais per accarezzare quel sogno che adesso è a portata di mano, basta solo resistere. Poi però qualcosa si rompe: il Calais sembra sbarazzino, arrogante, convinto di avere a disposizione dei mezzi tecnici, e non caratteriali, superiori ai suoi avversari, e d'un tratto allenta la tensione. Lo fa nel momento sbagliato però: sono passati solo 5 minuti (ricordate che ha detto Lozano?) dall'inizio della seconda frazione che Sibierski firma il pari. A questo punto il Calais si dà una svegliata, e continua a difendere strenuamente quel pari, unica arma a disposizione dei canarini per non soccombere contro i più preparati professionisti. Ma è troppo tardi: i bizzosi dèi del calcio, quelli che hanno sorriso a Gérard e compagni quel giorno contro il Lille, voltano loro le spalle, proprio sul più bello. E il loro tradimento si manifesta nella maniera più infame possibile, materializzandosi nel signor Claude Colombo, che al 90' minuto vede un contatto dubbio fra Caveglia e il giovane Baron in area giallo-rossa, e comanda (molto generosamente) il calcio di rigore. A battere va proprio Caveglia, che batte Schille: 2-1 proprio nel finale; la Coppa va ai professionisti del Nantes.
A gioire sono solo i tifosi del Nantes. Tutti gli altri, i canarini e i loro tifosi, non piangono: sanno benissimo infatti di aver compiuto un autentico miracolo sportivo, decisamente fuori dalla portata di quel gruppo di ingegneri, impiegati, pescatori, maestri, e solo in ultimo calciatori. I quali però hanno il loro premio: tutto lo Stade de France infatti gli tributa un lunghissimo applauso, nel quale c'è sotto sotto un ringraziamento: tutta la Francia, tutto il calcio, grazie a loro ha vissuto un bellissimo sogno, e pazienza se poi si fanno le sette del mattino e ci si deve svegliare, fa parte della vita. L'apice dell'emozione viene raggiunta quando Mickaël Landreau, portiere e capitano del Nantes, chiama a sé Becque, il capitano del Calais, affinché sollevino entrambi, insieme, la Coppa al cielo, i vincitori sportivi e i vincitori morali.
Una bella storia di calcio questa dei dilettanti del Calais, che tali rimasero anche dopo quell'impresa, nonostante abbiano avuto numerose offerte per passare al professionismo. Una storia da raccontare e raccontare ancora, affinché tutti possano cogliere la bellezza delle piccole realtà calcistiche, quelle in cui il calcio è ancora quello degli applausi dei tifosi, e non quello degli abbonamenti alle TV, e di quanto ci sia bisogno di queste realtà, che tanto possono dare al grande calcio.
Già, ma a chi raccontare questa storia? Visto ciò che si è detto ai piani alti del nostro calcio in questi giorni, una mezza idea sul destinatario di questa storia ce l'avrei... 



SITOGRAFIA IMMAGINI E VIDEO:
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