L'Avvelenata

Giovedì 14 maggio 2015, sotto la pioggia torrenziale abbattutasi su Kiev, si chiude il cammino europeo del Napoli: nella semifinale di ritorno di Europa League gli azzurri non riescono ad avere la meglio sul Dnipro (!), che anzi si impone per 1-0 grazie a una rete di Seleznyov e stacca così un biglietto per la finalissima, in programma a Varsavia il 27 c.m.

Innanzitutto, a voi lettori chiedo perdono. Sì, perché non riesco a farmi scivolare di dosso questa partita, o magari parlarne con far solito, da appassionato di sport che parla, con il sufficiente e giusto distacco, di una partita di calcio.
Oggi non ci riesco, non riesco a non essere tifoso del Napoli, e quindi non riesco a non inc****rmi come una bestia al pensiero di questa partita. Ci sarà tempo per tutto il resto, oggi mi permetto (una volta tanto) di essere fazioso, e sbandierarlo ai quattro venti. Dopotutto, ognuno di noi ha bisogno di sfogarsi. Ed è per questo, fondamentalmente, che scrivo queste poche righe.
Pensieri che sono arrivati con cinque giorni di ritardo rispetto al fattaccio. Lo ammetto, ho volutamente aspettato: ho provato ad attendere, facendo sì che il mio post fosse, come si proponeva Manzoni accingendosi a parlare di Napoleone nel "5 maggio", vergin di servo encomio e di codardo oltraggio. Tentativo, come già detto, miseramente fallito: il mio animo non è affatto vergine dalla rabbia, dalla delusione e dall'aver fatto una gran bella figura di merda; e anche adesso mi sale su il veleno, ripensando a quella partita. A quell'indegna prestazione in terra ucraina del "mio" Napoli.
Avete mai avuto una delusione d'amore? In quei momenti ognuno di noi prova a fare un flashback, a ripercorrere le tappe che hanno portato a quel momento, magari a riviverlo più volte, per cercare di capir meglio come sia potuto succedere.
Questo è ciò che ho fatto in questi giorni: e ricordo l'euforia prima della partita, la gioia di vedere insieme ai soliti amici, con davanti una pizza e una bella Peroni 66cl, il Napoli giocare la partita più importante della stagione, quella che non si può sbagliare, per nessuna f*****issima ragione.
Quante volte ho sentito dire questo prima di una partita importante quest'anno?

Ma sì, non era lo stesso ritornello che ha accompagnato la stagione del Napoli per moltissime sue tappe? Non dicevamo lo stesso a Bilbao, a Palermo, a Torino, a Roma, a Verona e, proprio domenica scorsa, a Parma? E com'è che era andata a finire?
    


    
Si vabbè, ma adesso è diverso: ci stiamo giocando l'accesso a una finale europea, che manca addirittura dal 1989, quando poi quella Coppa Uefa la vincemmo anche: allora avevamo Maradona e Careca, ma anche adesso i campioni non mancano, a cominciare da Higuain passando poi per i più volte decisivi, in questi due anni di Napoli, Callejon e Mertens, fino all'ultimo arrivato Gabbiadini, il quale ha una media realizzativa straordinaria e il cui contributo, per il raggiungimento della semifinale, è stato già significativo.
Insomma, non si può fallire: vero che il Dnipro ha dalla sua un risultato, l'1-1 dell'andata, che la mette in posizione di lieve vantaggio (ah, se quel maledetto guardalinee norvegese avesse fatto bene il suo dovere...); ma il Napoli è indiscutibilmente più forte, e a sprazzi (purtroppo solo a sprazzi) l'ha già dimostrato anche all'andata, e adesso con una prova maschia e di carattere lo dimostrerà anche in Ucraina!
Dove c**** sono andati a finire il carattere e la voglia di vincere? È questo il vero problema all'Olympiyskiy di Kiev, là dove è in scena la sfida col Dnipro: nessuna di queste caratteristiche si vede in campo vedendo i calciatori del Napoli, che sembrano ancora in uno stato mentale più adatto al defaticante del lunedì, più che una semifinale. 
Zero cattiveria, zero furore agonistico, zero voglia di vincere. Non si vede niente di niente. E, quando finalmente l'unica palla buona che arriva dalle parti degli attaccanti, quella viene letteralmente sparata addosso al portiere da Higuain (che poi vorrei dire: TU, centravanti di livello mondiale ex Real Madrid capace di fare 27 gol in stagione, un fo****issimo colpo sotto a scavalcare il portiere, o magari un più banale piattone di giustezza sul secondo palo proprio no eh? Giusto la soluzione di potenza dritto per dritto dovevi scegliere?), lì capisci che non è proprio serata.
Denys Boyko (27 anni): alias Lev Yashin (per due giovedì consecutivi)
Questo e nient'altro per il primo tempo: mangiamo la nostra pizza e beviamo la nostra birra con facce sconsolate, guardandoci in faccia e notando che ognuno di noi aveva il volto scuro, preso dalla collera e dalla frustrazione. Vorremmo farci un selfie con quelle facce e mandarlo via Whatsapp agli spogliatoi dell'Olympiyskiy, giusto per far capire ai nostri calciatori cosa significhi per noi e per altri 6 milioni di tifosi quella partita, poiché pare proprio che non lo sappiano.
Alla fine mi alzo, e decido che no, questa non sarà un'altra Bilbao, un'altra Palermo, un'altra Parma: questa volta la vinceremo. Ed è con rinnovato coraggio che ci rimettiamo davanti alla TV, dopo i quindici minuti di intervallo: la Storia sta per scriversi, e io voglio esserci.
Tre quarti d'ora dopo avrei dato via un rene, pur di non fregarmene più nulla di calcio e del Napoli: la Storia si è scritta, ma noi siamo i poveri sfigati, quelli che perdono e devono farsi da parte, per lasciar spazio ai vincitori.
Che non sono né aurei, né belli, sembra quasi non abbiano nulla dei vincitori: dopotutto il Dnipro, anche dopo esser giunto alla finale di Europa League, resta la stessa squadraccia incapace di giocare a calcio senza condurre la partita a una rissa, che vedendola giocare mi chiedevo come diamine avesse fatto ad arrivare in semifinale.
Questi qui hanno vinto, invece: gente della quale la maggior parte dei calciofili ignora persino il nome, dato che il calcio ucraino è legato a pochi nomi (Dinamo Kiev, Shakhtar Donetsk, Lobanovskiy, Shevchenko e poco altro), e fra questi non c'è di certo il Dnipro Dnipropetrovsk.
Che invece adesso è lì, in finale, pronta a giocarsi la Coppa contro il Siviglia (per me non c'è storia, la coppa sarà degli spagnoli). E ci sono proprio perché sono così; brutti, sporchi, cattivi, affamati di gloria e di successo.
Anche i colori sulla faccia di Mel Gibson lascia-
vano immaginare una "simpatia" per il Dnipro...
Li ho visti giovedì, mentre giocavano contro il Napoli sotto l'acquazzone di Kiev: avevano delle facce assatanate, degne del miglior William Wallace di Braveheart, e sembravano prendere a calci tutto, persino la pioggia, pur di portare a casa quella partita.
Quanto avrei voluto vedere un Napoli cattivo almeno la metà di quel Dnipro. Invece no, i nostri sembravano piccoli lord a un campo di golf, tale era l'intensità con la quale sono scesi in campo. Tanto poi il fegato spappolato a fine partita, dopo novanta minuti di nervi tesi, cazzotti a terra dalla disperazione e bestemmie di rabbia davanti alla TV, mica era loro.
Quello era tutto per me. Per me, lo stupido tifoso che sì, ci aveva creduto. Che ci ha sempre creduto. Anche a Bilbao, a Palermo, a Torino, a Roma, a Verona e a Parma. E non contento degli schiaffi in pieno volto rifalatigli dai vari Aduriz, Lazaar, Glik, Jorquera e Palladino, era sempre lì, pronto a porgere l'altra guancia, E un altro pezzettino di fegato.
Ma adesso no, non ci sto più. Adesso mi devono sentire. Per quale motivo la squadra cade puntualmente nelle partite più importanti contro squadre più deboli ma più volenterose? Perché si cade sempre in questa f*****a ansia da prestazione, paura di vincere o come diamine la volete chiamare voi? E poi Benitez, Sant'Iddio, io ti stimo e ti reputo uno dei migliori allenatori sulla piazza: ma prima o poi vorrei offrirti anche una pizza (che immagino apprezzeresti molto), sedermi a un tavolo con te e chiederti (da assoluto profano in merito di allenamento di una squadra, ma con delle idee abbastanza precise maturate dopo anni di calcio visto e rivisto) perché c***o fai entrare Hamsik privandoti di Gabbiadini della potenziale arma del tiro dalla distanza e non di un Callejon spettatore non pagante (mica come me, che l'abbonamento a Premium lo pago sempre, e profumatamente)? E perché hai fatto lo stesso al momento del subentro di Mertens, privandoti di Insigne, e quindi di un altro calciatore in grado di saltare l'uomo e creare superiorità numerica?
Ma soprattutto, perché Henrique? Quando l'ho visto riscaldarsi io e i miei amici speravamo che uno fra Maggio, Albiol o Britos (sui quali non mi esprimo altrimenti sarei volgare, molto più di quanto già non sia) avesse preso una bronchite o cose del genere per giustificare tale cambio. Invece no, dentro Henrique (Henrique? HENRIQUE???!!!) al posto di David Lopez, un centrocampista!
Lo avrò già detto forse, ma la domanda comunque non cambia: PERCHÉ? Cosa c'era, sull'1-0 per il Dnipro, di così importante da difendere? E ogni volta che vedevo un cross buttato in mezzo all'area, e mai come giovedì ce ne sono stati tanti, immaginavo cosa sarebbe successo se, in mezzo a quell'area, ci fosse stata la figura imponente di Zapata...
Tutti quesiti, che rimarranno insoluti, sui quali ho rimuginato a lungo, durante una nottataccia nella quale, per il nervoso, difficilmente si prendeva sonno. Una nottata avvelenata, proprio come il titolo di questo post, e di una celebre canzone di Francesco Guccini. Che con le parole ci sa fare davvero bene, perché un verso descrive alla perfezione quella nottata: "...io cretino; io solo qui alle quattro del mattino, l'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare..."
Ma soprattutto, quella notte mi fece venir la voglia di mandar tutto a rotoli, come a rotoli è (quasi) inesorabilmente andata la stagione 2014/2015 del Napoli. E di fregarmene del Napoli. Basta veleno. Basta bile che sale. Basta imprecazioni per una partita di calcio, da stasera ho chiuso.
Che pietosa bugia...
Sì lo so già: perché mi conosco bene, non riesco a dire di no. È più forte di me. In fondo lo sapete: anche dopo una forte delusione d'amore, se esso è forte sarete sempre disposti a perdonare, a dare un'altra possibilità.
Per cui lo so che anche oggi, fra un'ora e trequarti circa, sarò come al solito davanti alla TV, sintonizzata su un canale Premium, a vedere Napoli-Cesena. Altra partita contro un avversario più debole, matematicamente retrocesso, e l'ultimo appello per sperare nel terzo posto.
Sì, sempre il solito refrain. D'altronde negli ultimi tempi il sadomaso si porta, e io voglio continuare a farmi del male. E così Francesco e Ciro, miei compagni d'avventura giovedì scorso, e dal fegato intossicato quanto il mio. E così faranno in tantissimi, in milioni.
Perché il tifo, si sa, è una malattia. E stavolta Salmonella typhi non c'entra assolutamente nulla.

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